L’autodifesa, moda globale

Schermata 2016-07-31 alle 16.10.10Un biopic su Imre Lichtenfeld non è ancora stato girato ma la crescente attenzione per il krav maga potrebbe presto accendere l’interesse del cinema per l’avventurosa vita di Imi, come gli amici chiamavano il fondatore della disciplina di autodifesa israeliana. Nella Bratislava di fine anni ’30 imperversano le persecuzioni naziste. Imi, artista circense, pugile e lottatore, si trova a difendere il quartiere ebraico. Dopo i primi scontri capisce che la lotta di strada è ben diversa dal confronto sportivo e inizia a sviluppare unatecnica mista di arti marziali e combattimento di strada. Non è ancora krav maga. Nel 1940 l’occupazione nazista in Cecoslovacchia spinge Lichtenfeld a fuggire in Palestina. Nel ’44 Imi partecipa alla costituzione dell’esercito israeliano addestrando le unità di élite dell’Haganah e del Palmach. Nel ’48 con lo Stato d’Israele nasce l’Idf (Israeli Defence Force), seguita a breve da Shin Bet e Mossad, i leggendari servizi segreti, e il krav maga diventa la disciplina ufficiale di addestramento. Per oltre vent’anni Imi ha contribuito a forgiare il mito delle unità speciali israeliane e anche dopo il ritiro dall’esercito nel 1964 ha continuato a diffondere e adattare il krav a metodo di difesa personale. Le prime due scuole aprono a Tel Aviv e Netanya (30 km a nord, sulla costa). Nel ’78 Lichtenfeld istituisce l’Ikma (Israeli Krav Maga Association) e nel ’95, tre anni prima di morire, fonda l’Ikmf (International Krav Maga Federation) per promuovere in modo professionale il krav maga nel mondo, oggi presente in 55 Paesi. «Insegno da15 anni», racconta Federico Fogliano, direttore nazionale di Ikmf Italia dal 2012 e direttore regionale europeo dal 2014, «e negli ultimi quattro in Italia è aumentata moltissimo la richiesta, soprattutto da parte delle donne: solo a Roma siamo passati da 2 a 8 scuole con circa 600 allievi. Sul territorio nazionale siamo presenti in otto regioni con una cinquantina di scuole e un totale di 2 mila allievi. Il 90% degli iscrittisi rivolge a noi per esigenze di autodifesa». Sono 43 gli istruttori italiani ufficiali. Quattro sono donne: due nel Lazio (Roma e Rieti), una a Grosseto e unaaMilano. «II krav maga può cambiare l’attitudine a reagire nelle persone che soffrono», ripete più volte Gabrielle Fellus nell’intervista con pagina99 a Milano. Giorni dopo telefona da Israele, dove segue un training di aggiornamento, per ribadire il concetto: «Nel krav viene prima l’autostima e poi l’autodifesa». Livello G5 – il più alto in Italia per una donna – Fellus ha 28 brevetti e si aggiorna con i maestri di prima generazione, allievi diretti di Imi Lichtenfeld, tra cui Avi Moyal. Per oltre vent’anni Gabrielle, riccioli biondi, sorriso aperto e sguardo sicuro di sé, è stata professionista della comunicazione, spaziando dall’alta moda alla green economy. «Ma già praticavo krav maga, ho sempre amato l’ambito della sicurezza». Nella sua palestra (www.kmit.it) Gabrielle Fellus ospita un centinaio di allievi, più i corsi in ospedali, scuole e aziende. «Col krav maga», spiega Fellus, «si possono estrapolare progetti su sofferenze specifiche: con le vittime di bullismo e con le donne parto dalla voce, dalla postura e dallo sguardo; il bullo invece è iperattivo, iperaggressivo, è un leader e queste caratteristiche vanno canalizzate in positivo; ai carabinieri insegno il controllo dell’altro, fornisco strumenti tecnici, come i bloccaggi a terra, per essere più efficaci e meno violenti». «Gabrielle ha la tecnica di un uomo e il tatto di una donna», dice la showgirl Maddalena Corvaglia a pagina99 durante la pausa da un allenamento. «Il krav maga non è uno sport da ring, mi ha insegnato a evitare certe situazioni, a osservare». È l’obiettivo del programma Stay Away, progetto internazionale di difesa rivolto alle donne, un percorso di crescita attitudinale e mentale ancor prima che fisica. Nel 2014 Fellus è stata scelta da Luca Bernardo, direttore di Pediatria e del dipartimento per il disagio adolescenziale dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano, per il primo progetto al mondo di una palestra di auto-stima in un ospedale. «Bisogna capire che i bulli non vanno persi ma recuperati», afferma Bernardo. «H o scelto il krav maga per la sua capacità di modellare la violenza e trasformarla in attività di autostima. Trattiamo pre e adolescenti in un percorso pediatrico, psicoterapeutico e per gli over 17 anche psichiatrico. Dopo la prima fase si decide se avviare i ragazzi al laboratorio in collaborazione con l’Accademia delle BelleArti di Brera (attivo dal 2009, ndr) o alla palestra gestita da Fellus, dove trattiamo circa 20 ragazzi, bulli e vittime insieme»