Quando il mare è la fonte da cui abbeverarsi Come Israele sta vincendo la sfida dell’acqua
Nel suo Idromania (Giuntina) lo scrittore Assaf Gavron immagina un futuro non molto lontano (il 2067) in cui il volto del mondo è stato completamente stravolto. A rivoluzionarlo, i nuovi equilibri legati al dominio sull’acqua: Israele non è più la potenza di un tempo e i suoi cittadini sono in balia di un pugno di multinazionali che hanno il totale controllo dell’oro blu. Uno scenario dalle tinte apocalittiche che non sembra plausibile – almeno questo è l’auspicio – in cui però c’è molto più che un fondo di verità: l’acqua infatti, spiegano gli analisti, è già ora un elemento chiave per l’equilibrio del Medio Oriente e in futuro lo diventerà sempre di più. Ed è per questo che Israele, paese caratterizzato dalla scarsità di risorse idriche, da diversi anni ha investito per evitare di sprecare anche una sola goccia d’acqua, diventando un esempio a livello mondiale mentre molti dei suoi vicini sono in ginocchio a causa di siccità e campi completamente inariditi. Non solo, quasi in modo sorprendente, lo Stato ebraico, grazie soprattutto agli impianti d’avanguardia di dissalazione dell’acqua marina, oggi può porsi una domanda fino a poco tempo fa inimmaginabile: cosa fare con tutta l’acqua a disposizione? Il paese infatti ha accumulato, grazie alla costruzione di un know how di fatto senza eguali, più risorse idriche rispetto al suo fabbisogno.
L’inversione di tendenza vista in Israele, racconta Rowan Jacobsen sul sito di informazione Scientific American, è iniziata nel 2007, quando servizi igenici e docce a risparmio idrico sono stati installati in tutto il paese e l’autorità nazionale per l’acqua ha realizzato dei sistemi di trattamento innovativi capaci di riutilizzare l’86 per cento delle acque di scarico per l’irrigazione. Se si pensa che la Spagna, il secondo Paese al mondo per efficienza in questo campo, è al 19 per cento, si capisce perché Israele sia considerata la leader mondiale in questo campo. A tutto ciò si affiancano poi gli impianti di dissalazione, che in totale contribuiscono al 55 per cento del fabbisogno di acqua dolce della nazione. “Per capire come funziona – raccontava l’attuale direttore de La Stampa Maurizio Molinari in un articolo (1 giugno 2015) dedicato all’impianto di desalinizzazione di Soreq, inaugurato nel 2013 – basta affacciarsi sui grandi silos che compongono l’impianto: l’acqua del Mediterraneo viene aspirata da tubi giganti, filtrata attraverso «membrane» hi-tech che la trasformano in acqua potabile, ottenendo dei residui salini – la «brina» – che vengono restituiti al mare. È così che Israele ottiene il 20% dell’acqua necessaria alle città che, sommata agli altri impianti simili realizzati a Ashkelon, Palmachim, Hadera e Ashdod – l’unico ancora in costruzione – somma il 40% del fabbisogno nazionale, destinato a diventare il 70% nel 2050”.
Ancora. Secondo Edo Bar-Zeev, esperto dell’Istituto israeliano Zuckerberg per la ricerca sull’acqua intervistato da Jacobsen, il know how israeliano è una straordinaria carta diplomatica da usare con i vicini. A iniziare dalla Cisgiordania, a cui Gerusalemme fornisce acqua, nel rispetto degli accordi di Oslo II del 1995. La scarsità delle risorse idriche e i forti contrasti politici hanno in passato creato diverse fratture sulla questione tra israeliani e palestinesi (l’acqua fornita a questi ultimi non copre il loro fabbisogno): il nuovo orizzonte di Israele, che oggi ha acqua in abbondanza, affermano gli osservatori, potrebbe essere la strada per nuove aperture tra le parti. Nei piani di Bar-Zeev, inoltre, scrive Jacobsen, c’è la realizzazione di una conferenza internazionale sull’acqua nel 2018 in cui riunire gli scienziati provenienti da Egitto, Turchia, Giordania, Israele, Cisgiordania e Gaza per cercare di unire le forze. Intanto c’è già una collaborazione con la Giordania per la realizzazione di un grande impianto di dissalazione sul Mar Rosso: un progetto pilota che potrebbe replicarsi con altri paesi, portando l’acqua ad essere la vera carta diplomatica per riappacificare una parte dei paesi del Medio Oriente.
d.r.
(31 luglio 2016)