JCiak – Un ebreo, per esempio
L’ultima volta che qualcuno lo vede è la mattina del 16 aprile 1942. Arthur Bloch, nato a Berna, commerciante ebreo di bestiame, ha sessant’anni, è alto un metro e settanta e all’orecchio sinistro porta un apparecchio acustico. Troverà la morte nel villaggio svizzero di Payerne per mano di un gruppo filonazista capitanato dal garagista Fernand Ischi che sceglie così di onorare il compleanno del Führer, in un gesto di esempio per la comunità. A lungo sottaciuta e tornata all’attenzione pubblica grazie al libro di Jacques Chessex Un ebreo come esempio (Fazi, 2001), la tragedia di Payerne approda sul grande schermo in Un Juif pour l’exemple di Jacques Berger, protagonista un grande Bruno Ganz, presentato ieri al festival di Locarno.
Il film si apre su uno scenario idilliaco di prati e montagne. Siamo in Svizzera, oasi di pace nell’Europa sconvolta dalla guerra. Non ci vuole però molto perché scariche di fucile infrangano la quiete in una scena che conosciamo fin troppo bene. Sono i militari a sparare, per allontanare un gruppo di fuggiaschi che tentano di attraversare il confine elvetico in cerca di rifugio. Prende il via da questo contrasto la cupa storia di Payerne, che porta alla luce le tensioni e l’odio che, dietro una superficie di serenità, in quegli anni abitano la Svizzera.
Il film ci conduce in un villaggio da cartolina dove si allevano mucche e confezionano formaggi. Dietro quest’apparenza da favola l’odio però cresce implacabile. Dopo aver terrorizzato le famiglie ebree del posto, il gruppo guidato da Ischi e indottrinato dal pastore Philippe Lugrin si accanisce contro il mercante di bestiame Arthur Bloch, bonario veterano della prima guerra mondiale, rispettato nella capitale per il suo impegno civico. L’assassinio è feroce, come emergerà al processo. Ma i nazisti svizzeri rivendicano, anche allora, la necessità di lanciare un segnale.
La vicenda è narrata alternando un giovane e un vecchio Jacques Chessex. Lo scrittore bambino, nato e cresciuto a Payerne, coglie i segnali di quanto sta accadendo ma non è capace di decifrarli mentre lo scrittore anziano alla pubblicazione del libro è costretto a fare i conti con aspre critiche da parte della stampa e dei suoi concittadini e perfino con gli sberleffi dei carri al carnevale.
La stessa vicenda personale dell’autore, unico scrittore non francese insignito del Goncourt morto nel 2009, è emblematica dei tempi. “Stiamo vivendo un periodo che ci rimanda agli anni Trenta e Quaranta sotto molti aspetti: l’estremismo di destra, il razzismo e l’antisemitismo”, dice il regista Jacques Berger. Portare l’oscuro passato di Payerne sul grande schermo è il suo modo di dirci che l’odio non è ancora stato archiviato.
Daniela Gross
(4 agosto 2016)