Il settimanAle – Mondi possibili
Nella montagna di carte, oggetto della furia riordinatrice della mia dolce metà, mi è andato l’occhio sulla rubrica “Flash da Israele” di un vecchio numero del Gennaio 1981 del giornale del Keren Kayemeth, Karnenu. Uno dei Flash, firmato da Anna Colombo, riferisce che l’Accademia delle Scienze di Gerusalemme aveva indetto, nel millenario della nascita, una serata di studio su Avicenna, il “famoso pensatore e medico vissuto a Isfahan, dove scrisse in persiano e arabo”. “Non c’erano quasi [posti] vuoti in sala: e numerosi erano i giovani. Dopo le parole introduttive del prof. J. Leibovitz – che diede notizie generali sull’opera medica, sulle traduzioni antiche in latino e in ebraico, e sul carattere decisamente medievale, per l’indirizzo teologico, degli studi d’Avicenna – s’occuparono del grande medico il dr. S. Nuseiba – sulla filosofia della medicina – e il dr. E. Alon…”
Yeshayahu Leibowitz! Sari Nusseibeh! Ho corretto mentalmente la grafia dei nomi, e mi è tornata in mente la scena, al caffè Tommaseo di Trieste, quando Sari Nusseibeh è venuto, nel Novembre 2014, a parlarci della concezione dei ‘mondi possibili’ in Avicenna. Distaccandosi da Platone e Aristotele, Avicenna negava che la natura delle cose e del mondo in cui viviamo fosse per forza quella che era, di necessità. Al contrario, il nostro è solo uno di tanti mondi possibili, quello scelto da Dio, che essendo libero avrebbe potuto sceglierne un altro, uno fra milioni di possibili scelte diverse. In parallelo, la nostra concezione del mondo, secondo Avicenna, non è l’unica ammissibile: non c’è niente di necessario nella nostra epistemologia o nella nostra logica. Esse sono solo quelle che ci siamo scelti, col nostro libero arbitrio. La nostra conoscenza del mondo altro non è che il prodotto della nostra volontà.
Com’è allora che la nostra conoscenza, che ci siamo scelti, sembra sposarsi così bene col mondo, che si è scelto Dio? Qui Avicenna, ha continuato Nusseibeh, si rifà all’amore e alla grazia di Dio, che hanno fatto sì che il nostro mondo sia in fin dei conti il migliore fra quelli possibili… per grazia di Dio… mmhhh… una scappatoia teologica che non è affatto piaciuta a Milad, uno studente iraniano della SISSA, fieramente laico, che non ha potuto trattenersi dall’attaccare il suo conterraneo Avicenna, accusandolo di essere sotto sotto prigioniero della religiosità del suo tempo. Ed era singolare al caffè Tommaseo, teatro di aspri dibattiti fra gli irredentisti di metà Ottocento, assistere a quello intellettualmente ambientato nella Persia di mille anni fa, fra il giovane fuoriuscito della Repubblica Islamica dell’Iran e l’autorevole intellettuale palestinese, che qui cercava di scagionare il filosofo medievale dallo stigma di conformismo religioso…
Ma nel 1981 Sari Nusseibeh, trentunenne, era stato invitato non a Trieste bensì a Gerusalemme Ovest, dai colleghi dell’Università Ebraica, ben consci del significato dell’invito. Come osservava Anna Colombo, “Mi sembra interessante notare che a quella serata partecipava anche un arabo, il dr. Nuseiba. Insieme al prof. Leibovitz, vogliamo trarne un auspicio più ottimistico per il futuro della regione, dei suoi abitanti e della sua cultura, che non è, ne può essere, rinchiusa dentro barriere sciovinistiche.” Così Anna Colombo. Così Yeshayahu Leibowitz. Il quale nel suo saggio del 1968, “i Territori”, aveva descritto la degenerazione morale prevedibile nella società israeliana, se fosse continuata l’occupazione dei territori palestinesi. Forse che in quel momento la grazia del Dio di Avicenna si sia momentaneamente appannata, e non abbia più scelto il migliore fra i tanti mondi possibili? O forse che ci siamo confusi noi, ed abbiamo scelto una conoscenza del mondo che stava già divorziando dal mondo che volevamo conoscere? Chissà. Chiedere ad Avicenna.
Alessandro Treves, neuroscienziato
(7 agosto 2016)