Kakfa, i manoscritti
restano in Israele

rassegnaI manoscritti di Franz Kafka resteranno di proprietà della Biblioteca nazionale di Israele. Lo ha stabilito la Corte suprema dello Stato ebraico con una decisione che mette fine a una lunga vertenza. Come racconta il Corriere, i materiali erano stati affidati da Kafka a Max Brod, suo amico ed esecutore testamentario. Brod custodì gli autografi di Kafka nonostante la richiesta dell’amico di bruciarli alla sua morte. Quando Brod lasciò la Cecoslovacchia, occupata dai nazisti, lì portò con sé nella Palestina sotto il mandato britannico. Prima della morte, avvenuta nel 1968 a Tel Aviv, Brod affidò i diari e le carte di Kafka alla sua segretaria, Ester Hoffe, e dispose che fossero donati all’Università ebraica di Gerusalemme o a “un’altra istituzione ebraica in Israele o all’estero”. Hoffe, invece, decise di mettere all’asta il manoscritto originale de Il processo per due milioni di dollari e alla sua scomparsa, nel 2007, lasciò i materiali ai suoi eredi. Nel 2009 lo Stato d’Israele ha fatto loro causa reclamando la proprietà dei manoscritti. Ora arriva la decisione della Corte suprema di respingere l’appello presentato degli eredi di Esther Hoffe stabilendo che Brod, l’amico di Kafka, “avrebbe voluto che i manoscritti fossero non venduti ma conservati”.

Erano in gran parte avvocati le settanta vittime e gli oltre cento feriti dell’ultimo attentato in Baluchistan, nel Sudovest del Pakistan. Un suicida imbottito di esplosivo, riporta tra gli altri Repubblica, li ha fatti saltare in aria nel cortile di un ospedale di Quetta, dove era appena stato portato il corpo del presidente della loro associazione, ucciso poche ore prima da killer a bordo di una moto mentre si recava in tribunale. “A nessuno sarà permesso disturbare la pace nella provincia, restaurata grazie agli innumerevoli sacrifici delle forze di sicurezza e della gente del Baluchistan” ha detto ieri il premier pachistano. Ma gli stessi sciiti di Quetta e delle province limitrofe, scrive il quotidiano, sono stati più volte attaccati da gruppi Taliban dei Pakistan, che agiscono con relativa impunità dalle basi afgane.

A San Pietroburgo, tra poche ore, vertice tra Erdogan e Putin. Da consumati acrobati della politica internazionale, i due preparano – scrive Repubblica – “la fase più spettacolare di un salto mortale all’indietro senza precedenti recenti”. Dopo sei mesi di insulti sanguinosi e minacce che hanno sfiorato più volte la dichiarazione di guerra, i presidenti di Russia e Turchia si abbracceranno infatti “tra applausi e promesse di futuri accordi”. Sarà dura anche sul piano psicologico, viene evidenziato, “per due personaggi notoriamente permalosi e sempre molto attenti a simulare una certa coerenza formale”.

Niente asili, meno assistenza per gli anziani, ma via libera alla ristrutturazione dello stadio e disco verde alla cittadinanza onoraria per un palestinese antisionista militante (Bilal Kayed). È così che, secondo Luigi de Magistris, si può finalmente attuare la “ribellione delle comunità popolari e democratiche contro coloro che affamano i bisognosi e verso coloro che ingabbiano chi ha sete di giustizia” (Il Foglio).

Passaggio ai tornelli con istantanea. Ieri mattina il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica presieduto dal Prefetto di Roma, Paola Basilone, ha stabilito le nuove misure per garantire la sicurezza allo Stadio Olimpico, durante le partite di calcio di Roma e Lazio e altre manifestazioni che si terranno nell’impianto. Tra le novità più discusse, spiega Repubblica, “l’adeguamento del sistema di accoglienza dei tifosi, con nuovi sistemi di lettura dei tagliandi ai tornelli di ingresso dotati di meccanismi di riconoscimento biometrico”. È una visione ampia che ispira le novità, perché non si punta soltanto a prevenire le intemperanze dei tifosi “ma soprattutto la minaccia del terrorismo internazionale”.

Protagonista a settembre alla Mostra di Venezia, il documentario “L’uomo che non cambiò la storia” racconta la vicenda di Ranuccio Bianchi Bandinelli, l’uomo scelto come cicerone durante la storica visita di Hitler in Italia nel 1938. “Antifascista generico”, come scrive nei suoi taccuini, non ha legami con la clandestinità comunista, è un liberale con simpatie crescenti per il movimento fondato dai fratelli Rosselli. “E se uccidessi i due tiranni? Se mi facessi saltare in aria mentre salgo con loro sul predellino dell’automobile? O se approfittassi del passaggio nel corridoio che unisce gli Uffizi a Palazzo Pitti? Nessuno più di lui poteva conoscere i dettagli del programma. E più l’attentato prende meticolosa forma nella sua testa – si legge su Repubblica – più il professore cerca argomenti contrari alla clamorosa occasione offerta dalla Storia. Fino ad ammettere la propria inconcludenza di ‘tenebroso e impotente macchinatore’, solo e paralizzato di fronte all’inazione”.
A proposito di cinema, il Corriere del Mezzogiorno segnala la presenza di Steven Spielberg a Pozzuoli per un possibile sopralluogo in vista del film dedicato ad Edgardo Mortara di cui, a breve, inizieranno le riprese.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(9 agosto 2016)