Ticketless – Ciao Rimma

cavaglionLa settimana scorsa è mancata Pia Pera, diventata famosa per i suoi libri sui fiori e sui giardini. Sessant’anni appena compiuti. Un successo tardivo che non ha fatto in tempo ad assaporare, ma i suoi libri sono destinati a lunga fortuna, come meritano. Difficile aggiungere qualche cosa al bellissimo ricordo di lei che ha scritto chi l’ha inseguita fino in fondo nel suo tortuoso itinerario di fuga (Francesco Cataluccio). Impossibile non affezionarsi a lei. Parlava poco, ma dietro quel poco s’intravedevano orizzonti larghi e una trasparenza cristallina. Quando l’ho conosciuta, nei primi anni di “Linea d’Ombra”, coltivava interessi per l’anima conventuale russa, per il socialismo religioso e conosceva la letteratura ebraico-orientale come pochi altri. Le sue traduzioni sono oggi facilmente accessibili in cataloghi editoriali prestigiosi. La Polonia e soprattutto la Russia erano per lei il luogo del disincanto. Uno dei suoi esperimenti narrativi era stato il “Diario di un ragazzo perbene”, dove viene presentata una focosa ragazza ebrea, Rimma, nata a Mosca, figlia di una donna comunista italiana tutta d’un pezzo. Rimma, nella sua istintiva sregolatezza, era identica ad una mia amica polacca poi emigrata in Israele. Un testo grottesco e vivacissimo, che per provocazione inserii nella piccola antologia delle cose ebraiche pubblicate dalla rivista di Goffredo Fofi. Per merito di Rimma diventai amico di Pia. Rimma era una proiezione forse di lei, incuriosita dalla sensualità delle donne est-europee, nella direzione dell’erotismo mistico di Singer. Per questo non considero “Diario di Lo” (1995) il suo migliore libro. Lolita c’entra poco con Rimma. Quella tendenza verso il mistico è poi sfociata in un libro che ho amato molto e amerei fosse ristampato (“L’arcipelago di Longo Maï”, Baldini & Castoldi, 2000). Un luogo aperto nella Provenza, quello dei “longomaiani”. Un reportage su una mezza utopia guidata da un rasputiniano padre fondatore, un luogo di aggregazione ispirato al socialismo libertario e anarchico, concepito svariati anni prima che l’ecosostenibilità diventasse moda. Di quegli anni conservo un paio di lettere di Pia molto toccanti, che lasciavano intravedere ancora un filo di speranza per il genere umano, della possibilità di una sua redenzione, ma la gioia di vivere di Rimma svaniva a vista d’occhio. Rimma credo si sia nascosta tra i fiori, che come è noto rallegrano l’animo di chi ha perso fiducia negli umani. Mi piace adesso pensare Pia circondata dai suoi longomaiani, impegnata con Rimma a farsi gioco della infantilità maschile, specie quella di noi sedicenti dongiovanni mediterranei.

Alberto Cavaglion

(10 agosto 2016)