Informazione – International Edition
La complessità di Shylock
È con le parole di Walter Valeri e di Davina Moss che il notiziario internazionale racconta oggi il lavoro e le scelte drammaturgiche compiute per la messa in scena di “The Merchant in Venice”, che ha riportato nel Ghetto di Venezia per la prima volta Shylock, il suo ebreo più famoso. Evento centrale del ricchissimo programma, lo spettacolo messo in scena dall’internazionale Compagnia de’Colombari e diretto da Karin Coonrod è stato uno degli immancabili appuntamenti che per tutto il 2016 vedono Venezia al centro dell’attenzione mondiale, a partire dal grande concerto alla Fenice del 29 marzo, cinquecentenario dell’istituzione del ghetto diventato simbolo di tute le esclusioni. Lo spettacolo, raccontato nel dossier “Venezia – I 500 anni del Ghetto” attualmente in distribuzione con il numero di agosto di Pagine Ebraiche, ha portato in scena a quattro secoli dalla morte di Shakespeare, avvalendosi per il lavoro sul testo (rappresentato in inglese, ma anche in italiano, francese, spagnolo e tedesco) del lavoro di due grandi professionisti. I testi del drammaturgo e della sua assistente, pubblicati in un libretto prodotto da Compagnia de’ Colombari, Università Ca’ Foscari e Comitato per i 500 anni, raccontano di come sin dall’inizio abbiano percepito come doverosa quella che definisco come una “eresia”: “trasferire Shylock nel corpo di cinque diversi attori per farlo uscire dalla sua pelle, per mostrare come ognuno di noi sia, in effetti, Shylock”. Un personaggio “terribilmente complesso ed affascinante, un benedizione e una maledizione per ogni spettatore così come per ogni drammaturgo” che diventa simbolo universale e doloroso in una società dominata solo dal potere del commercio e del denaro.
a.t. twitter @atrevesmoked
(15 agosto 2016)