…senso
Mi colpisce sempre il fatto che per ciò che i Romani hanno voluto celebrare e fissare nella monumentalità inamovibile e indiscutibile dell’Arco di Tito, noi ebrei tutt’ora piangiamo cocciuti, anno dopo anno, con il digiuno di Tish’a beAv. Non si tratta solo della drammatica distruzione del Tempio di Salomone. Dei morti straziati e massacrati, uomini, donne e bambini, stanati e sgozzati casa per casa, ci ricordiamo solo noi. E siccome lo ricordano preghiere in ebraico, pochi si preoccupano di capirne il senso. E Giuseppe Flavio non è più di moda. Tutto ciò mi fa pensare. E dovrebbe far pensare. Quello romano è un atto semplicemente politico; il nostro è un un atto di umana religiosità.
Dario Calimani, Università di Venezia
(16 agosto 2016)