…Nolte
La scomparsa in questi giorni in Germania di Ernst Nolte ha suscitato molti commenti. A suo tempo la discussione fra gli storici, da lui innescata, affrontò problematicamente la questione essenziale e legittima se vi siano o meno aspetti della storia che non possono essere storicizzati. Indubbiamente Hitler e il nazismo ci sono stati, e quindi vanno capiti, spiegati e contestualizzati, e per fare questo occorrono strumenti necessariamente simili a quelli usati per comprendere qualunque altro evento della storia. Ma il nazismo, il fascismo, la Shoah, non sono solamente semplici concatenazioni di eventi, sono anche portatori di un valore aggiunto simbolico e interpretativo che trascende i tempi e i modi della storia (almeno per chi ci crede). Nolte, ricordiamolo, sostenne la tesi che la Shoah fosse stata una reazione al gulag sovietico, e che quest’ultimo fosse in definitiva il prodotto di una rivoluzione bolscevica animata da un numero ben più che proporzionale di attivisti ebrei. Il problema dello storico sorge quando comprendere significa giustificare, quando spiegare significa assolvere, quando contestualizzare significa in parte condividere. Nel discorso di e su Nolte i confini fra queste distinzioni spesso si confondono e diventano alquanto osmotici e melmosi. Ci aiuta a raggiungere una conclusione più chiara e definitiva Sergio Romano che, in un suo ricordo di Nolte sul Corriere, esprime il suo apprezzamento per le capacità analitiche dello storico tedesco. Pare che Nolte, allievo del filosofo Martin Heidegger, torbido antisemita, fosse molto compiaciuto del paragone che lo stesso Romano gli aveva proposto con un altro personaggio che, come lui, aveva avuto più successo all’estero che in patria: il teorico rivoluzionario socialista sindacalista francese Georges Sorel, anche lui accanito antisemita. Romano basava la sua analogia Nolte-Sorel su un’osservazione di Benedetto Croce, peraltro autore di pensieri tardivi sul tema degli ebrei rispetto ai quali, superati lo stupore e la prima indignazione, è meglio calare un velo pietoso. Dal “passato che non passa” alla memoria della Shoah come palla al piede per il futuro dell’Europa, ecco svelata in questo breve compemdio della vita e delle opere dello storico tedesco tutta l’inquietante filiera intellettuale del revisionismo, del negazionismo, e dell’ossessione antisemita.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
(25 agosto 2016)