…burkini
Trovo particolarmente irritante il dibattito sul Burkini, perché il fiume di parole che viene speso sull’argomento si concentra in larga misura su un falso problema, che ne copre un altro ben più grave. Qui in discussione non può essere l’integrazione delle usanze religiose o pseudo tali. Si fa presto a ironizzare sugli indumenti di donne musulmane religiose o di suore cattoliche la cui presenza “vestita” sulle spiagge genera un contrasto estetico da risolvere. Il vero nodo della questione – che viene accuratamente evitato perché di fatto irrisolto e forse irrisolvibile – è il ruolo del corpo della donna e l’abuso che ne fanno le strutture sociali ideate dall’uomo maschio (religiose, politiche, culturali). Se manca il coraggio di dirselo, strumentalizzando invece la questione conducendola su binari impropri, si generano assurdità giuridiche che non conducono a nulla. Questa mattina sul giornale francese “L’Opinion” è comparsa una vignetta satirica emblematica in questo senso. Due poliziotti in spiaggia di fronte a due donne, una completamente nuda e l’altra vestita di un Burkini. Un poliziotto impone a una donna di coprirsi, l’altro chiede all’altra donna di spogliarsi. L’ironia del paradosso centra in pieno il soggetto e mette in evidenza i limiti dell’intero problema. E si tratta forse del vero nodo attorno a cui si dovrebbe attivare una riflessione per condurci a una rivoluzione culturale. Il mondo occidentale secolarizzato ha concluso da pochissimo un secolare processo di trasformazione che ha condotto alla parificazione giuridica formale fra i generi, che tuttavia è ancora in larga misura lettera morta sul piano sociale e culturale. Ma le grandi religioni sono molto in ritardo sulla questione di genere, e i loro codici normativi non sembrano in grado di governare la questione, e fanno fatica a considerare le libertà personali e il sistema dei diritti e dei doveri assegnando a donna e uomo uno status di vera eguaglianza.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
(26 agosto 2016)