Venezia, i 500 anni del Ghetto
Immagine, ponte tra noi e la realtà
Si inaugura oggi in Laguna la mostra “Ferdinando Scianna. Il Ghetto di Venezia 500 anni dopo”, frutto del lavoro fotografico realizzato su idea e incarico della Fondazione di Venezia, appositamente per i Tre Oci, lo spazio espositivo di sua proprietà interamente dedicato alla fotografia. Un’appassionante sfida artistica e culturale, di cui il numero di agosto di Pagine Ebraiche aveva dato anticipazione nel dossier “Venezia – I 500 anni del ghetto”.
Dopo aver dichiarato che “La fotografia era, è un ponte fra noi e la realtà. Per fissare l’istante. Oggi è un muro (di immagini) che paradossalmente non ci fa più vedere il mondo. Sommersi da milioni di foto, abbiamo perso la memoria” Ferdinando Scianna ha accolto l’invito della Fondazione di Venezia e accettato la sfida. Raccontare il Ghetto, a cinquecento anni dalla sua istituzione, catturare l’anima contemporanea del luogo simbolo di tutte le esclusioni, era cosa che lo preoccupava profondamente. Vi ha passato una decina di giorni indagando spazi, luoghi e persone, con uno spirito “da cacciatore”, come ha raccontato Denis Curti, curatore della mostra che si aprirà a fine agosto alla Casa dei Tre Oci alla Giudecca. “Con il direttore della Fondazione, Fabio Achilli, abbiamo voluto Scianna per proporre una lettura attuale di uno spazio in cui ogni angolo è carico di Storia, di storie e di Memoria. Scianna ci è parso perfetto anche per un’altra coincidenza temporale: sono passati cinquant’anni da quando poco più che ventenne pubblicò il suo primo libro, Feste religiose in Sicilia, cui Leonardo Sciascia volle scrivere l’introduzione”. Oltre all’appoggio della Fondazione di Venezia e del curatore dei Tre Oci, Scianna ha potuto contare sulla comunità ebraica veneziana e su Ziva Kraus, l’artista di origini croate che proprio in Ghetto ha aperto Ikona Gallery e di cui si è occupato il dossier VEniceGhetto500 uscito con il numero di marzo di Pagine Ebraiche, e che ospita ora la mostra su Peggy Guggenheim. “L’ho visto aspettare anche ore per uno scatto – ha raccontato Curti – per luce e inquadratura, certo, ma soprattutto per ottenere la fiducia delle persone ritratte”. Nel testo per il catalogo (Marsilio), Donatella Calabi ha sottolineato come “Attraverso la sensibilità personale, l’occhio della macchina fotografica mantiene l’attenzione su ciò che ritiene essenziale, manifestando così un’attitudine antropologica straordinaria”. E, aggiunge: “Ferdinando Scianna coglie il presente con lo sguardo di un narratore abilissimo, ma ci propone anche un lavoro sistematico di chi sta costruendo un archivio, particolarmente attento alle stratificazioni della storia”.
Ada Treves, dal dossier “Venezia – I 500 anni del Ghetto”
Pagine Ebraiche agosto 2016
(26 agosto 2016)