Storie
Nolte e il giustificazionismo
Con la morte di Ernst Nolte a 93 anni la settimana scorsa, scompare il padre del revisionismo nel Novecento. Il controverso storico e filosofo tedesco, originario di Witten, allievo di Heidegger, professore di storia contemporanea all’università di Marburgo e alla Freie Universitat di Berlino, ebbe il merito nel 1963 con il suo saggio “Il fascismo nella sua epoca” di sviscerare gli elementi e le radici comuni al fascismo italiano e al nazismo hitleriano, invitando poi a non ignorare le storture del comunismo sovietico e la portata degli altri stermini.
La sua determinazione a liberare la Germania da “Il passato che non passa”, come s’intitola il suo articolo pubblicato il 3 giugno 1986 sul quotidiano Frankfurter allgemeine zeitung, sviluppato l’anno successivo nel volume La guerra civile europea 1917-1945, lo fece scivolare però nei due decenni successivi su posizioni, come lo accusò Habermas, di “giustificazionismo”.
Rifiutandosi giustamente di considerare il nazismo come “il male assoluto” e ritenendo necessario analizzarlo come qualsiasi altro fenomeno storico, Nolte sostenne che il fascismo e il nazismo costituirono la reazione alla minaccia esistenziale rappresentata dal bolscevismo, proponendo quindi un nesso causale tra le due grandi ideologie totalitarie del Novecento: il comunismo e il nazismo.
In questo quadro anche l’antisemitismo e il razzismo biologico di Hitler trovano quasi una giustificazione, essendo motivati dalla convinzione del fuehrer che gli ebrei fossero i fondatori e i massimi sostenitori del movimento comunista nel mondo. Di più, secondo Nolte i nazisti avrebbero copiato Stalin anche nei metodi brutali e Aushwitz e la Shoah sarebbero quasi una consequenza dei gulag. Una tesi inaccettabile, alla quale poi Nolte accompagnò negli ultimi anni forti critiche al sionismo e ad Israele e una certa indulgenza verso i negazionisti.
Mario Avagliano
(31 agosto 2016)