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Bassani, il trotzkista

cavaglion Fa sorridere pensare che le neoavanguardie degli anni Sessanta se la prendessero con il povero Bassani, accusandolo di tutto e di più, senza accorgersi del carattere politico dei suoi scritti. Nel Giardino e nelle Storie ferraresi espone idee coraggiose. Altro che crepuscolarismo dolciastro. Bassani aveva imparato da Croce e da Zanotti Bianco “il senso della storia”, ma anche la spavalderia delle tesi controcorrente, come si vede nella denuncia contro le politiche della memoria nell’Italia del dopoguerra (Una lapide di via Mazzini). Mise a nudo il fascismo ebraico quando tutti dicevano che non era esistito, descrisse meglio degli storici togati le dimensioni del “consenso”. Non negò importanza nemmeno ad un tema che era tabù ai suoi tempi: l’antisemitismo di sinistra. Neanche oggi si parla molto di questa serpe in seno cresciuta dentro la cultura dell’antifascismo. Malnati, nel Giardino, con le sue rozze teorie materialistiche e l’onorevole Bottecchiari, passato indenne e non senza compromessi nel ventennio, nella “storia” di Clelia Trotti, testimoniano le doti di uno scrittore più di altri “politico”. Non si fermava davanti a nessuno. Dovevano essere propri ciechi e sprovveduti i critici dell’impegno negli anni Sessanta a non accorgersene. Nel Giardino, in una sequenza memorabile, lo sveviano corpo a corpo con il padre verte proprio sulla estensione dell’antisemitismo: viene commentato nei dettagli addirittura Trockij e un suo saggio sulla Nouvelle Revue Française, che Bassani dice essere uscito nel 1931. Il compianto Corrado Vivanti segnalò anni fa la stranezza, ma dalla imprecisa citazione bassaniana (il saggio esiste, ma non è del 1931 e non è tutto dedicato agli ebrei) trasse una conclusione un po’ frettolosa e “professorale”. Vivanti bacchetta Bassani, ma non poteva conoscere il denso saggio, La rivoluzione come gioco, scritto nel 1945 ed ora meritoriamente raccolto nel Meridiano (p. 984), dove il piccolo enigma viene chiarito e l’ipotesi di un Bassani trotzkista prende consistenza.

Alberto Cavaglion

(31 agosto 2016)