Francia – L’intervento del gran rabbino
“Laicità delle istituzioni,
un valore da difendere”
Al termine di una lunga estate, il gran rabbino di Francia Haim Korsia tira le somme dei mesi passati, in cui il dibattito sul rapporto tra religione e Stato è stato il grande protagonista dell’attualità. Korsia ha infatti rilasciato un’intervista al quotidiano Le Figaro in cui ha ripercorso gli eventi che hanno segnato le ultime settimane, tra cui l’infiammare della polemica sul burkini, la sconvolgente uccisione di padre Hamel mentre officiava la messa a Saint-Etienne-du-Rouvray nell’attentato terroristico del 26 luglio, seguito a quello di Nizza il 14 luglio nel giorno della Festa nazionale, e la delineazione sempre più netta di una futura Fondazione per l’Islam di Francia. Per il rav Korsia la risposta a tutti gli interrogativi risiede nella comprensione del vero significato della laicità dello Stato, senza la quale “la Francia non sarebbe più la Francia, dal momento che la laicità non è un ateismo di Stato, ma la neutralità dello Stato per garantire la vita dei vari culti”. In questo senso, aggiunge, una eccessiva legislazione costituirebbe un passo falso: “La volontà di legiferare senza limiti mostra che non si riesce più a trovare un consenso tra di noi dul modo di vivere insieme. Dobbiamo diventare perpetuamente interpreti della legge? Non credo – la sua risposta – in quanto rovinerebbe la semplicità della vita in comune”.
In questo contesto rientrano secondo lui anche i divieti che i comuni francesi hanno voluto imporre appunto in merito al burkini. Da un lato “il senso di un simbolo religioso è quello di condividere, senza escludere l’altro”, spiega Korsia, ma per lui la tenuta da mare tanto contestata “è senza dubbio piuttosto una maniera di ‘testare’ la Repubblica. D’altra parte – aggiunge però – se noi fossimo sereni con il nostro modello laico, avremmo riso di questa pseudo polemica!”. Un modello che per il gran rabbino è in armonia anche con il coinvolgimento dello Stato nella costituzione di un islam francese: “Le religioni non sono in competizione tra loro – ricorda – ogni culto ha la sua tradizione e la sua storia particolare nel nostro paese. Non possiamo paragonare il cattolicesimo, con le sue decine di migliaia di chiese, l’ebraismo, che ha duemila anni di storia, e l’islam, recente sul nostro territorio. Ma ormai viviamo insieme – osserva – e lo Stato si occupa dunque legittimamente di ognuno non in maniera egualitaria ma equa in funzione dei bisogni del momento”.
Per questo, il rav Korsia si dice “rassicurato dall’organizzazione di un islam di Francia, poiché tutto quello che mira a prendere in mano il destino della comunità musulmana da parte di musulmani francesi, senza pilotaggi esterni, va nel senso giusto”. Per quanto riguarda l’antisemitismo di matrice islamica, il rabbino si dice invece preoccupato, ma non tanto per i fenomeni di violenza esplicita, quanto per “il pericolo dell’indifferenza”. Un esempio del quale è costituito dall’editoriale sul Journal du Dimanche firmato da quaranta intellettuali musulmani che condannavano il terrorismo islamico, senza però citarne le vittime ebree. Una mancanza da lui duramente criticata sulla quale torna a esprimersi, sottolineando che “con l’occultamento delle vittime dell’Hypercacher e di Tolosa hanno chiaramente messo in luce questo sentimento di indifferenza che combatto con forza”, così come l’ignoranza, “che genera la diffidenza e poi l’odio nelle nostre società”.
La Francia e l’Europa si trovano dunque per il gran rabbino di fronte a una scelta, quella tra “una società della diffidenza perenne e generalizzata e una società della fiducia”. Una visione quasi utopica, ammette, di cui c’è tuttavia bisogno, “ed è tragico che servano dei morto molti morti, perché si capisca che l’unica soluzione è stare uniti”. In questo senso l’uccisione di un prete nel corso della messa è per lui un campanello d’allarme particolarmente forte: “Definirsi religiosi per uccidere è un insulto alla definizione stessa di religone – le sue parole – la cui vocazione è di creare legami con l’altro. Di fronte a questi tentativi sordidi di mettere fine alla nostra gioia di vivere, dobbiamo avere ancora di più la volontà di portare avanti il nostro modello sociale, difendendolo attraverso la legge ma anche attraverso il buon senso. È necessario essere vigili affinché la laicità non diventi l’obbligo di nascondere la propria religione – il monito del rav Korsia – ma resti la possibilità di vivere la religione in società e di renderla più felice”.
f.m. twitter @fmatalonmoked
(5 settembre 2016)