ORIZZONTI La République perde pezzi

KICHKAA inizio agosto quaranta personalità del mondo musulmano francese hanno pubblicato sul settimanale Journal du Dimanche un’accorata lettera in cui denunciavano il fondamentalismo islamista e il terrorismo. Parole arrivate dopo la brutale uccisione nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray di un parroco da parte di due musulmani, ritenuti legati all’Isis. Nel testo della lettera i f i r m a t a r i condannavano i vari attentati di stampo islamista che hanno insanguinato la Francia nel recente passato, dimenticandosi però di citare la strage alla scuola ebraica di Tolosa e al market casher di Parigi. “La memoria selettiva impedisce di comprendere tutte le dimensioni del terrorismo islamista con quali la Francia deve confrontarsi oggi”, ha denunciato il presidente del Conseil Représentatif des Intitution Juives Francis Khalifat. “Non dubito delle buone intenzioni degli autori di questo appello, ma non mi spiego la loro indifferenza nei confronti dell’antisemitismo, che invece è una componente essenziale dell’Islam radicale”, sottolineava il presidente dell’Union des Étudiants Juifs de France, l’unione giovanile ebraica francese, Sacha Reingewirtz. Alcuni dei firmatari si sono scusati per la dimenticanza ma, come ha rilevato il rabbino capo di Francia rav Haim Korsia, stupisce che in quaranta nessuno l’abbia notata e per questo “rimane grave e dolorosa”. Un caso dunque di un’ennesima incomprensione tra le varie anime della Francia, sempre più divisa e sospettosa al suo interno. Se pure le élite si “dimenticano” dell’odio antisemita, cosa può succedere nelle periferie più emarginate a maggioranza musulmana dove le prediche dell’Isis riescono ad attecchire con una certa facilità? Lo racconta il giornalista Ben Judah, ebreo francese che sulla rivista Stand Point scrive di come i valori della République stiano vacillando nelle banlieu d’oltralpe, sempre più radicalizzate e segregate. In un lungo articolo, Judah prende come esempio il quartiere di Seine-Saint- Denis, considerato una zona a maggioranza musulmana (in Francia le indagini statistiche su base etnico-religiosa sono vietate per cui non vi sono dati ufficiali). Qui, racconta il giornalista, “si sente più parlare in arabo che in francese, e si vedono islamisti, con il dominio del quartiere, scuotere tintinnanti sacchetti di plastica, gridando in arabo ‘carità – zakat, zakat, zakat! – per raccogliere soldi per la moschea”. Entrando in una scuola della zona, Judah racconta di come gli studenti, per la maggior parte musulmani figli di immigrati dal Nord Africa, non si sentano francesi. “‘I francesi, sono loro’, dice un ragazzo di colore che punta a uno bianco. ‘I francesi… loro non sono noi’, dice una ragazza araba. ‘Per essere francese’, dice un ragazzo arabo, ‘bisogna avere tutta la famiglia francese’”. Tutti questi ragazzi, spiega il giornalista, sono nati nella banlieu, nella periferia di Parigi, in Francia, ma non se ne sentono parte tanto da volerne combattere i simboli e il jihadismo si presta perfettamente a questo gioco come testimoniano le cronache più recenti. Il campanello d’allarme però, continua Judah, era già suonato e ad essere “i canarini nella miniera” erano stati gli ebrei: “Le statistiche dimostrano – spiega Jérôme Fourquet, famoso sondaggista francese – come la percezione di insicurezza dovuto all’antisemitismo abbia riconfigurato i luoghi a presenza ebraica”. Gli ebrei si sono spostati di banlieu in banlieu, in quella che Judah definisce una aliyah (l’emigrazione ebraica verso Israele) interna alla Francia. “Abbiamo scoperto – afferma Fourquet – che il numero degli ebrei nei quartieridel distretto di Seine-Saint-Denis è precipitato di dieci volte negli ultimi 15 anni”. “Stanno cercando di fuggire da aree musulmane?” si chiede il giornalista. “Sì, è evidente, molto evidente – la risposta di Fourquet – Quello che abbiamo scoperto è che quando gli ebrei si trasferivano, eravamo davanti al canarino nella miniera di carbone. Ora infatti, da quelle stesse aree, vi è una fuga massiccia di popolazione non-immigrata. Le cose che in precedenza erano percepite dalla comunità ebraica ora le sente la popolazione in generale”. Forquet e il suo team hanno svolto diverse intervista con la comunità ebraica. “Sempre più ebrei dicono ‘ci siamo noi, loro e voi – l’etnia francese. ‘Vedrete cosa succederà’, ci dicevano, ‘quando scompariremo e vi lasceremo con loro – les Arabes’. Queste parole – conclude il sondaggista – sono drammatiche. Il senso di un destino francese comune sta scomparendo dalle nostre indagini”. C’è sempre più un “noi, voi, loro”, usato nella retorica jihadista per dividere la società francese e attirare gli emarginati delle banlieu nella rete del terrorismo. Ma un meccanismo simile, avverte Judah, viene usato dagli xenofobi d’oltralpe alla Marine Le Pen che con slogan come la “Francia ai francesi” cerca di convogliare la rabbia dei ceti medio bassi, colpiti dalla crisi, e indirizzarla verso i migranti. E così il paese si strappa e si divide sempre più con quei valori unificanti di Liberté, egalité e fraternité che, come illustra Michel Kichka, perdono di significato.

d.r., Pagine Ebraiche, settembre 2016