Una nuova casa

Sara Valentina Di Palmaבָּעֶרֶב יָלִין בֶּכִי וְלַבֹּקֶר רִנָּה
BaErev yalin bekhi veLaBoker rinnà, “la sera ci si corica piangendo e la mattina si canta di gioia” (Tehillim 30,6). Se sempre si canta di gioia andando incontro ad un nuovo giorno e ringraziando il Re vivente ed Eterno per essere di nuovo coscienti, una giornata ricca di mitzvot e di serenità porta ad addormentarsi altrettanto tranquilli, ed infatti il salmo 30 termina ringraziando eternamente HaShem nostro D-o.
Non è un caso che questo canto, che si vuole composto da re David per l’inaugurazione del Tempio, sia intonato a Hanukkà in ricordo della riconsacrazione del Bet HaMikdash dopo la sconfitta dei seleucidi profanatori per mano maccabea, ed accompagni l’inaugurazione della casa con l’affissione della mezuzà, sulla quale vigono diverse regole non solo relative alla scrittura ma anche alla collocazione dell’astuccio contenente la mezuzà stessa.
Mi piace ricordare in particolare, piuttosto che la regola, gli usi concernenti l’orientamento della mezuzà, che i più pongono inclinata in diagonale sullo stipite della porta in modo che non sia né verticale né orizzontale. Rashi sosteneva che la mezuzà debba essere messa verticalmente, e della medesima opinione, seguita ancora oggi da alcune comunità sefardite, era Rabbi Josef Caro, mentre il nipote di Rashi, Rabbi Yaakov ben Meir Tam, riteneva che vada affissa orizzontalmente.
A trovare un compromesso decidendo di collocare la mezuzà in diagonale, come usa tra i più, fu il Maharil, il quale nella sua codificazione dei minaghim askenaziti tedeschi insistette sul concetto di pace nella casa e quindi di concordia ed armonizzazione di opinioni differenti. Come dire, l’inaugurazione di una casa è simboleggiata dalla sintesi di posizioni e dalla ricerca di armonia tra i membri di una famiglia che in quella casa vanno a vivere.

Sara Valentina Di Palma

(8 settembre 2016)