Qui Roma – Il festival di letteratura ebraica
Guardare verso il futuro,
fra scienza e tradizione
“Al centro dell’approccio ebraico, vi è la ricerca. In maniera quasi parossistica, ci si incentra sulla ricerca di senso, di significato. Non esiste altro scopo che questo, che non significa necessariamente trovare, bensì continuare a rielaborare”. È un delicato equilibrio tra il peso di una tradizione millenaria e una costante volontà di proiettarsi verso il futuro quello dell’ebraismo, secondo quanto spiegato dal rav Benedetto Carucci Viterbi, preside della scuola ebraica di Roma, protagonista ieri sera al Festival internazionale di letteratura e cultura ebraica. Un approccio che coincide profondamente con quello della scienza, tema al centro di questa nona edizione della rassegna, curata da Ariela Piattelli, Marco Panella, Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann. E infatti molti sono stati i punti in comune emersi nel confronto del rav Carucci con Rafi Nave, ingegnere e imprenditore israeliano oggi direttore del Bronica Enterpreneurship Center del Technion, intitolato “Vedere oltre. Scienza e religione, il dialogo possibile”. E proprio la necessità di esplorare i modi in cui è possibile relazionarsi con il futuro è stata al centro della terza serata della kermesse, aperta dalle riflessioni dell’amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica Mauro Moretti, stimolate dal dialogo moderato da Panella con tre giovani ebrei romani coinvolti nel mondo della tecnologia e dell’imprenditoria – Edoardo Amati, Gianluca Pontecorvo, consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, e Daniel Funaro, consigliere della Kehillah romana – sul tema appunto di “Guardare al futuro”. E una delle maggiori sfide pensando all’avvenire collegato ai progressi della scienza è sicuramente quella della bioetica, su cui si sono concentrate le riflessioni del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, anche medico e vicepresidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, e del suo presidente Lorenzo D’Avack, in un incontro moderato da Vogelmann dal titolo “Etica e bioetica: il dialogo possibile”. Proiettato verso il futuro era di certo anche lo sguardo del matematico Vito Volterra quando nel 1923 fondò il Consiglio Nazionale delle Ricerche, oggi faro italiano della ricerca scientifica e tecnologica. A lui è dedicata una mostra al Museo ebraico, inaugurata ieri sera alla presenza del presidente del CNR Massimo Inguscio, la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, il direttore del museo Gianni Ascarelli e la nipote del matematico Virginia Volterra.
“Guardare al futuro è semplice. Capire il futuro è invece molto complesso. Ma tentare di farlo è quanto contraddistingue gli esseri umani da tutte le altre specie”.
“È con questa consapevolezza che Moretti ha aperto la serata, offrendo al pubblico numerose suggestioni su quanto attende l’Europa e il mondo nei prossimi decenni. Uno scenario, quello da lui delineato, influenzato da fattori come la crisi demografica e lo sviluppo di paesi dell’estremo oriente che cambieranno gli equilibri economici mondiali, ma anche, come suggerito da Pontecorvo, “la tecnologia, una delle sfide che ci attendono”. E proprio nella reazione alla rivoluzione tecnologica Funaro individua la capacità di gestire un futuro “che affascina ma anche spaventa, crea ma anche distrugge”, e in cui, ha aggiunto Amati, sarà necessario trovare un punto di incontro fra “il nostro patrimonio culturale e l’innovazione”.
Un equilibrio che in Israele esiste già, come emerso dalla panoramica offerta da Nave, il quale ha descritto il fenomeno della Start Up Nation, come è stato soprannominato Israele. “Tra scienza e innovazione e tradizione e religione non vedo una contraddizione – le sue parole – poiché in entrambi i casi lo scopo è di ottenere un miglioramento della vita, per la società e per gli individui, secondo valori che costituiscono un beneficio comune”. E la metafora di questa armonia si legge secondo il rav Carucci proprio in due delle scoperte della Start Up Nation: “In Israele sono stati inventati sia la chiavetta usb sia il navigatore Waze. Il primo rappresenta la necessità del popolo ebraico di portarsi sempre dietro la sua memoria, mentre il secondo – ha concluso – ricorda la necessità di sapere dove andare”.
E fornire linee guida è anche il compito della bioetica, un neologismo degli anni Settanta che indica, come ha spiegato D’Avack, “una riflessione nei confronti della scienza per cercare di capire se quello che essa ci offre oggi sia sempre positivo o causi invece dei problemi per la società, gli individui, le generazioni future”. “Si tratta di un termine recente, ma la bioetica in realtà è antichissima”, ha sottolineato il rav Di Segni, ricordando che la Bibbia “è ricca di questioni bioetiche che ci guidano ancora adesso, da leggere non in senso letterale e fondamentalista ma con tutto l’apparato di quanto è venuto dopo”.
Anche per il progresso scientifico il passato costituisce dunque un modello a cui guardare, come avviene anche nel caso di molti ebrei che vi diedero impulso, ha sottolineato Ascarelli. Tra questi ci fu Vito Volterra, il cui lavoro, ha osservato Inguscio, “mostra che in ambito scientifico la curiosità e il dubbio aprono la mente, una lezione importante che deve valere per tutti”. Concorda Dureghello, la quale ha sottolineato l’opportunità di procedere, attraverso mostre e altri momenti culturali, al “recupero di figure valoriali nel mondo scientifico come lo fu Volterra”. Una missione importante anche per la nipote Virginia, che ha ricordato la damnatio memoriae subita dal nonno in seguito al suo rifiuto di prestare giuramento di fedeltà al fascismo nel 1931, decadendo così di lì a poco da tutti i suoi incarichi pubblici.
Tormentata e segnata da molti tentativi di cancellarlo è stata anche la storia del Talmud, protagonista del festival questa sera con un incontro intitolato “Il Talmud: la scienza tra le righe”. Guida per l’ebraismo, le sue tradizioni e le sue regole, i suoi trattati racchiudono anche infinite questioni di carattere scientifico, che alimentano il dibattito sul rapporto tra scienza e fede. A parlarne saranno il rav Gianfranco Di Segni, che oltre a essere direttore del Collegio Rabbinico italiano e coordinatore all’interno del Progetto di traduzione italiana del Talmud babilonese, è anche biologo e ricercatore del Cnr, e il genetista Edoardo Boncinelli, moderati dalla direttrice del Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah Simonetta Della Seta. A chiudere la serata sarà infine la proiezione del corto Mi ritroverai dentro di te e del film breve Like a Butterfly del regista Eitan Pitigliani, preceduta da un incontro con Raffaella Spizzichino.
f.m. twitter @fmatalonmoked
(13 settembre 2016)