Periscopio
Odio parallelo
C’è davvero qualcosa di impressionante nel vedere la straordinaria analogia tra il mutamento del volto dell’Europa, in senso antiebraico, negli anni che stiamo vivendo, e la metamorfosi che si verificò a partire dagli ultimi due decenni del XIX secolo. È ovviamente impossibile, per entrambi i periodi storici, indicare un preciso anno d’inizio di tale fenomeno, ma, se proprio lo si volesse fare, indicherei due date: il 1883 e il 2000. Dopo l’unificazione dell’Italia e della Germania, infatti, l’Europa sembrava essere entrata in un’età felice di pace, tolleranza, cooperazione, cultura: gli ex nemici dialogavano e collaboravano, c’era una dirompente crescita di arte, cultura e creatività, quasi ogni giorno si registrava qualche importante scoperta scientifica, Vienna, Parigi e Berlino erano città cosmopolite e brulicanti di vita, piene di teatri, di circoli e caffè letterari, di giornali. I valori della Rivoluzione Francese sembravano essere ormai patrimonio comune di tutti, laicità, modernità, uguaglianza e libero pensiero parevano conquiste irreversibili. A questa rinascita, gli ebrei europei, trasformati dall’emancipazione, diedero un formidabile contributo, e l’antico antisemitismo, pur non scomparso, pareva un relitto del passato, destinato a essere presto dimenticato, insieme a tutte le altre superstizioni del vecchio mondo. La cd. “belle époque” sembrava davvero di tutti, nessuno avrebbe dovuto essere escluso.
Poi, improvvisamente, senza alcun comprensibile motivo, il vento cambiò, e, sotto i piedi degli ebrei d’Europa, la terra cominciò a tremare. Già nel 1845 era stato pubblicato in Francia il libello antisemita “Le Juifs, Rois de l’Èpoique”, di Alphonse Toussenel, nel 1853 era venuto l'”Essai sur l’Inégalité des Races Humaines”, di Arthur de Gobineau, e nel 1879 l’opuscolo “Sieg des Judentums über das Germanentum” (La vittoria del giudaismo sul germanesimo) di Wilhelm Marr (ove compare per la prima volta il fortunatissimo neologismo “Antisemitisnus”), ma nessuno di questi insulsi scritti malefici si può dire che avesse raggiunto, al tempo della prima pubblicazione, una significativa notorietà (salvo essere poi celebrati in seguito). Fu nel 1883 che la morte di Wagner, idolo delle folle, diede l’occasione per isteriche celebrazioni, in molte piazze della Mitteleuropa, del pangermanesimo “ariano”, in nome dell’appello del musicista scomparso alla liberazione della Kultur dal “giogo del giudaismo”. Lo stesso anno, il giovane Theodor Herzl fu costretto a rassegnare le dimissioni dall’associazione culturale Albia, di cui era stato tra i fondatori, che aveva entusiasticamente aderito alla crociata antisemita wagneriana. Un altro iscritto ebreo, Paul von Portheim, propose egli stesso che non venissero più accettati soci ebrei, ma ciò non gli evitò di essere anch’egli cacciato, dopo di che, il 13 luglio, si tolse la vita. Poco dopo, Karl Lueger, che Hitler avrebbe poi considerato suo maestro, raccolse, a Vienna, un enorme seguito con una sua martellante crociata a favore di un antigiudaismo militante, sistematico e capillare. Nel 1894 venne poi l'”affare Dreyfuss”, e il cd. “problema ebraico”, che nessuno capiva bene cosa fosse, divenne il principale argomento di discussione dei salotti europei. Anche molti ebrei si convinsero che il problema esisteva, ed erano loro a portarne la colpa. Ne fu persuaso, per esempio, Otto Weininger, che a soli diciannove anni, nel 1902 (lo stesso anno del terribile pogrom di Kishinev), nel saggio “Sesso e carattere”, attaccò insieme la “tara genetica” del sesso femminile e della razza ebraica, riscuotendo un enorme successo, sull’onda del quale si tolse la vita, per essere poi pubblicamente elogiato da Hitler. E si potrebbe continuare, ma credo che basti così.
C’è forse qualche studioso, di qualsiasi ambito, qualche scienziato, qualche storico, qualche psicologo in grado di offrire una possibile spiegazione, anche a livello meramente ipotetico, di questa metamorfosi? C’è qualcuno in grado di spiegare cosa indusse l’Europa a cambiare volto? No, nessuno può farlo, nessuna spiegazione può essere data se non partendo dalla presa d’atto che nelle vene dell’Europa già circolava un latente virus maligno, che avrebbe poi portato dove sappiamo. Un morbo che quasi nessuno ha mai voluto davvero diagnosticare, curare, estirpare.
In anni a noi più vicini, è a partire dal 2000, col definitivo naufragio dell’illusione del cd. “processo di pace”, che si è riacutizzata la malattia, e si è riavviata quella spirale malefica che è sotto gli occhi di tutti. Oggi molti credono di ravvisarne le cause, citando qualche presunta azione di qualche ebreo un po’ cattivello. Perché la storia, anziché “magistra vitae”, è soprattutto maestra di smemorataggine, ignoranza e stupidità.
Francesco Lucrezi, storico
(14 settembre 2016)