A Pordenonelegge con Pagine Ebraiche
La banca, il ghetto. Una storia italiana
da leggere con un unico sguardo
Il ghetto. La banca come strumento di potere politico e finanziario. Due storie italiane, che nei cinque secoli alle nostre spalle hanno profondamente segnato il rapporto fra mondo ebraico e società occidentale.
O forse, diversamente da quello che si è spesso creduto e si è sempre insegnato, una storia sola. Una Storia da leggere intersecando gli elementi in evoluzione dei rapporti e degli attriti fra potere della cultura dominante e presenza ebraica, fra finanza per tutti e finanza pilotata dalla politica, fra fattori macroeconomici e microeconomia, fra classi privilegiate e classi sfavorite, fra diritto alla cittadinanza e negazione dei diritti, fra accettazione della diversità e affermazione del pensiero unico.
La banca e il ghetto possono stare in un’unica Storia. E non solo perché lo sviluppo del modello finanziario che ancora oggi caratterizza le economie sviluppate nacque in Italia con la strutturazione dei Monti di pietà precisamente mentre i primi ghetti, anch’essi un’idea italiana, chiudevano le proprie porte per ingabbiarvi l’esistenza ebraica. No, non è solo una coincidenza temporale, ma un disegno, un progetto dotato di una sua coerenza e mirato a politicizzare e cristianizzare la grande finanza, a marginalizzare la presenza ebraica, a imporre un ordine e un controllo fatto di pressione e di separazione, di ideologia e di culto del potere, cui il mondo ebraico non poteva aderire e cui una minoranza religiosa e culturale non poteva essere funzionale.
Un modo nuovo di leggere le strutture dell’economia e della politica, ma anche una nuova maniera di leggere i problemi della società, le leggi delle istituzioni finanziarie e quelle dell’inclusione e dell’esclusione, che sono ancora e più che mai i problemi della società in cui viviamo. Il professor Giacomo Todeschini, storico della società medievale e storico dell’economia, profondo conoscitore della relazione fra religioni e fenomeni economici, autore fra l’altro di Visibilmente crudeli : malviventi, persone sospette e gente qualunque dal Medioevo all’età moderna, Ricchezza Francescana. Dalla povertà volontaria alla società di mercato, Come Giuda. La gente comune e i giochi dell’economia all’inizio dell’epoca moderna, docente di Storia medievale all’Università di Trieste e di casa nei principali atenei europei, da Parigi a Berlino, con il suo recente La Banca e il Ghetto. Una storia italiana (Laterza editore) ha voluto aprire una strada nuova.
Il primo incontro con il grande pubblico di un libro scomodo, che svela molti meccanismi e molti legami fra il concetto di finanza organizzata e il concetto di esclusione ebraica, ha contrassegnato la prima giornata di Pordenonelegge, il grande festival culturale che fino al termine della settimana richiama nella città della Destra Tagliamento un largo pubblico di fedelissimi e molte decine di migliaia di visitatori.
Sorprendente, a fronte della presentazione di un libro impegnativo, l’interminabile fila di persone che hanno tentato di assistere alla conferenza. Esauriti tutti i posti a sedere e colmato ogni spazio possibile anche per i posti in piedi molti visitatori si sono visti costretti a rinunciare all’appuntamento. Alcuni durante l’attesa sventolavano intanto l’ultimo numero del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche, ospite come ogni anno nei chioschi di accoglienza del festival.
Ma l’interesse per le vicende degli ebrei italiani non era misurabile solo dal forte gradi di presenza. Anche la partecipazione e anche le domande rivolte allo storico, che è stato presentato dallo storico Paolo Goi, hanno dimostrato l’immensa aspettativa di conoscenza che l’Italia dei lettori e della cultura riserva alla componente ebraica.
Il discorso è stato ravvivato in particolare dalle recenti manifestazioni culturali dedicate ai cinque secoli che ci separano dall’istituzione del ghetto di Venezia, il primo della storia. E l’animo dei pordenonesi, abitanti di un territorio compreso nel Friuli occidentale e al tempo stesso affacciato, sensibilissimo alle vicende della Serenissima, è emerso in un desiderio di conoscere di più, di capire meglio.
Il discorso, che per forza di cose ha toccato solo parzialmente il patrimonio di spunti e di scoperte inattese, di nuove strade aperte alla ricerca, incluso nello studio di Todeschini, si è poi molto orientato nell’esigenza di comprendere meglio i meccanismi che legano politica e finanza, controllo e potere, cittadinanza ed esclusione.
Cade così, e sulla base di solidi, nuovi argomenti, lo stereotipo dell’ebreo usuraio, lo stesso stereotipo utilizzato poi in secoli di attività antisemita e di diffusione dell’odio, in quanto realtà svincolata dal contesto sociale.
E torna l’accento su una minoranza sempre più oppressa e marginalizzata, forzata inesorabilmente a stare lontana dai flussi economici che contano anche per la sua scarsa aderenze ai dettami classisti e moralisti del potere politico e della cultura cristiana dell’epoca.
Un’analisi che schiude nuove prospettive e resta al riparo da una concezione della Storia meramente celebrativa. Un lavoro di cui è ancora troppo presto per misurare l’ampiezza, ma che certamente costituisce oggi un passaggio necessario per comprendere l’economia e la politica dell’Italia di un tempo come di quella presente.
gv
(15 settembre 2016)