Lingue e dialetti
Quanti tra i visitatori che verranno a vedere le sinagoghe torinesi in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica hanno letto Il sistema periodico di Primo Levi? Quanti tra loro si chiederanno (e ci chiederanno) se noi ebrei piemontesi usiamo ancora il linguaggio descritto così efficacemente nel racconto di apertura Argon? Non saprei. In effetti nessuno degli allievi a cui ho fatto leggere Il sistema periodico nel corso degli anni mi ha mai posto questa domanda, e talvolta mi sono chiesta perché: la consideravano una domanda indiscreta? O davano per scontato che quello descritto da Primo Levi fosse un mondo ormai scomparso? Oppure in qualche modo il giudaico-piemontese è uscito dalla realtà per diventare letteratura?
Del resto non sarebbe poi così facile rispondere alla domanda, qualora ci venisse posta: il giudaico-piemontese ha forse smesso di essere un dialetto parlato nella quotidianità, ma molti termini ed espressioni continuano ad essere usati.
Altra domanda possibile: che lingua parlano oggi gli ebrei italiani quando comunicano tra di loro? Viene istintivo precipitarsi a rispondere che naturalmente parliamo e scriviamo in italiano. Ma è proprio esattamente italiano la lingua che compare nei nostri giornali? Siamo sicuri che qualunque lettore sarebbe in grado di orientarsi tra alef/tav, davar, Torah, moked, seder, pilpul, Rosh Hashanà, moed, ecc.? Sia ben chiaro: non ritengo che l’abbondanza di questi termini sia un male; anzi, non usarli (o spiegarli tutte le volte) suonerebbe innaturale e forzato, sostanzialmente finto. Certo questo linguaggio (che forse potremmo definire giudaico-giornalistico) è molto interessante, e sarebbe divertente se un giorno qualcuno lo studiasse a fondo e magari ci costruisse sopra un racconto.
Anna Segre, insegnante
(16 settembre 2016)