rispetto…

Tanti anni fa, poco più che ragazzino, durante un pranzo dopo Simchat Torah a Napoli, rimasi ad ascoltare la conversazione tra due anziane ed eleganti signore di quella che allora era la “Napoli ebraica” che non si incontravano da molti anni, data l’età, contrariamente a quanto non erano solite fare da più giovani. Ricordo l’intimità della loro conversazione, l’affetto, la condivisione identitaria di più mondi: quello ebraico, quello napoletano e quello di una certa borghesia cittadina. Ricordo le loro parole misurate, la gioia di rivedersi al tempio in un giorno di festa, la loro educazione e la vicinanza reciproca. Sopra ogni cosa ricordo che le due signore si parlavano, così intimamente e cosi vicine l’una all’altra, dandosi del lei. Un lei che non era distanza, un lei che non era un muro o un segno di divisione, bensì un elemento di relazione, un ponte di signorilità ed una strada comunicativa che anziché allontanare, teneva vicine le due signora salvando il bello dell’educazione e del rispetto. Sbagliando, al di là della questione linguistica dell’uso della seconda o terza persona, spesso si crede che la vicinanza all’altro implichi anche il superamento delle formalità, l’annullamento di un certo tipo di rispetto del mondo altrui o l’abbandono di linguaggi che possono sembrare espressioni di lontananza, mentre in realtà sono dimostrazioni di consapevolezza dei confini propri e di quelli altrui. Forse in questi giorni di Elul che ci stanno accompagnando al nuovo anno ebraico, dovremmo riflettere sulla necessità di inserire nelle nostre conversazioni, se non a livello linguistico, almeno a livello mentale, l’uso del “lei”. Dovremmo pensare alle nostre parole, alle nostre discussioni, ai nostri scritti dando del lei a chi ci sta di fronte, anche solo virtualmente. Diamoci del lei dimostrando tra noi un affetto profondo, un affetto signorile, un affetto che sia rispetto. “Acquista la verità e non rivenderla, la sapienza, l’educazione e la prudenza.” Fin qui il libro dei Proverbi, 23,23, da qui in poi il nostro agire.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(23 settembre 2016)