La parola e l’ebraismo
La giornata europea della cultura ebraica, imperniata questo anno sulla tematica di Lingue e Dialetti ebraici, si è svolta a Roma con profondo interesse, con interventi che hanno trattato ampie e svariate tematiche, spaziando dalla funzione scientifica alla funzione poetica del linguaggio, dal significato recondito delle parole con le loro radici semantiche al Talmud e alla poesia, e – immancabilmente – trattando l’origine del dialetto giudaico-romanesco. Questa interessante rassegna ha messo in evidenza i compositi aspetti del linguaggio che spesso risultano inafferrabili nel loro insieme poiché, come dice Saussure: “Chi si pone dinnanzi all’oggetto complesso come è il linguaggio per farne il suo studio, si avvicinerà ad esso da questo o quel lato, che tuttavia non sarà mai tutto il linguaggio”.
L’ebraismo è di fatto un palcoscenico ideale per scoprire e svelare gli usi manifesti e reconditi della parola: i suoi insegnamenti si svolgono tramite la narrazione biblica e attraverso il dialogo tra generazioni, come avviene nel Talmud. Narrazione e dialogo sono infatti le modalità preferenziali per trasmettere i significati fondanti della religione ebraica ed è forse per questa ragione si dice che “quando un ebreo non sa una risposta racconta una storia”. I testi ebraici – che per essere studiati richiedono l’apprendimento della parola scritta e orale – forniscono una piattaforma unica e polifonica per comprendere la parola ed i suoi significati.
Infatti nell’ebraismo la parola e il linguaggio sono gli strumenti preferenziali per lo sviluppo della conoscenza e dell’identità. Adamo, prototipo dell’homo sapiens, si distingue dagli animali proprio per l’uso del linguaggio, e così facendo acquista una identità, scoprendosi diverso dalle altre creature viventi. Questa sua capacità gli permette di mettersi in contatto con il divino, che per la sua inafferrabilità può essere conosciuto solo tramite un’attività astratta quale lo scambio linguistico. Il linguaggio dunque media la coscienza di se e la conoscenza della realtà ed è tramite l’uso della parola e del dialogo che si forma il pensiero dell’uomo. Non è un caso che i grandi educatori del ‘900 di origine ebraica abbiano enfatizzato l’uso del dialogo, della narratività, e della parola per sviluppare nel bambino le facoltà mentali più elevate. Questo tema è stato trattato ampiamente nel libro appena pubblicato dalla casa editrice Salomone Belforte: L’Ebraismo ed i grandi educatori del ‘900, redatto in occasione del Convegno “Le Religioni come sistemi educativi: Ebraismo”.
Nel passato dunque, come oggi, nell’ebraismo la lingua continua a unire le generazioni, modificando i significati delle parole ma costruendo al tempo stesso quei ponti che permettono all’uomo di raggiungere le mete invisibili del suo intelletto.
Antonella Castelnuovo, docente di Pedagogia ebraica al Master in Cultura ebraica e Comunicazione
(28 settembre 2016)