Shimon Peres (1923-2016)
“Perché ho scelto l’ottimismo”
“La cosa più importante nella vita è osare. La più complicata del mondo è avere paura. La più intelligente è provare a vivere secondo la morale”. È seguendo questi principi che ha vissuto Shimon Peres (1923-2016), ex primo ministro e presidente israeliano, deceduto nelle scorse ore al Tel HaShomer Medical Center di Gerusalemme all’età di 93 anni. Peres, l’ultimo esponente della generazione dei padri dello Stato ebraico, è stato parlamentare alla Knesset per 48 anni consecutivi. È stato ministro in 12 gabinetti di cui due da capo del governo, per poi essere eletto nel 2007 come capo dello Stato. Colonna del partito laburista, eterno avversario nella sua leadership di Ytzhak Rabin, con cui alla fine ha vinto un premio Nobel per la Pace, da anni promotore di iniziative in favore del dialogo e dello sviluppo delle relazioni, ma soprattutto volto storico di Israele, uno di quelli che lavorò alla sua fondazione dagli albori. “Il contributo più grande degli ebrei alla storia è l’insoddisfazione”, diceva. “Siamo una nazione nata per essere insoddisfatta. Qualunque cosa esista crediamo possa essere resa migliore”.
Shimon Peres era nato a Višneva, un paesino bielorusso che all’epoca apparteneva ancora alla Polonia, con il nome di Shimon Perski. Suo padre Yitzhak era un ricco commerciante di legname mentre sua madre Sara era una libraia. Il padre emigrò nel 1932 nell’allora Palestina mandataria e la sua famiglia lo seguì nel 1934, insediandosi a Tel Aviv cinque anni prima dell’occupazione della Polonia da parte dei nazisti, mentre i suoi parenti che vi rimasero morirono tutti nelle persecuzioni. In un’intervista del 2003, Peres ha detto parlando della sua infanzia: “Da bambino, sono cresciuto nella casa di mio nonno e sono stato istruito da lui. Mi insegnò il Talmud, e non era così facile come sembra. Casa mia non era osservante, i miei genitori non erano ortodossi, ma io ero haredi”.
Nel 1947 fu arruolato nell’Haganah, il nucleo delle future Forze di Difesa Israeliane, scelto da Ben-Gurion insieme ad altri giovani. Fu proprio Ben Gurion a nominarlo responsabile per il personale e l’acquisto delle armi. Nel 1948, servì poi come capo della marina durante la guerra di indipendenza del nuovo Stato israeliano, in seguito alla quale diventò direttore della delegazione del Ministero della Difesa negli Stati Uniti, incarico grazie al quale ebbe occasione di studiare alla New York School for Social Research e ad Harvard. Nel 1953, a 29 anni, fu nominato anche direttore generale del Ministro della Difesa, il più giovane ad aver mai ottenuto questa carica. Il suo compito era ancora quello di acquistare armi per il giovane Stato d’Israele, ottenendo diversi successi militari tra cui la Campagna del Sinai.
Nel frattempo, nel 1945 Shimon si sposò con Sonia Gellman, la sua fidanzata fin dal liceo, con cui costruì una casa nel kibbutz Alonot, di cui i due furono tra i fondatori. Insieme, negli anni che seguirono, ebbero tre figli, Tzvia, oggi filologa, Yoni, veterinario, e Nehemiah, ingegnere e fondatore di una società di venture capital, che a loro volta hanno dato loro otto nipoti e tre bisnipoti.
Nel 1959 fu eletto alla Knesset per la prima volta, come membro del Partito Mapai, e per vario tempo lavorò al ministero della Difesa con Moshe Dayan, per poi confluire nel 1968 nel partito laburista. La prima possibilità di diventare premier arrivò quando Golda Meir diede le dimissioni dall’incarico nel 1974 a causa delle conseguenze della Guerra del Kippur. Ma si trovò di fronte come rivale il collega di partito Yitzhak Rabin, che tale rimase per tutta la sua carriera. Perciò, dovette aspettare il 1977 per ottenere per la prima volta la carica di primo ministro ad interim, mantenendola per un breve periodo a causa delle dimissioni di Rabin. Tuttavia, non riuscì a mantenere l’incarico a causa di alcune sconfitte elettorali dei laburisti. Ritornò premier con le elezioni del 1984, ma anche quelli furono anni difficili a causa di una grave crisi dovuta a un’altissima inflazione, che lo costrinsero alle dimissioni dopo due anni.
Negli anni successivi, continuò l’alternanza con Rabin. Quando quest’ultimo fu eletto primo ministro nel 1992, Peres venne nominato ministro degli Esteri, e insieme a lui e al leader palestinese Yasser Arafat vinse nel 1994 il premio Nobel per la pace, grazie alla stipula degli Accordi di Oslo, che sembravano portare verso una risoluzione del conflitto mediorientale. Ma tutto cambiò con l’assassinio di Rabin nel 1995. Peres fu nuovamente nominato primo ministro ad interim.
Nel 1996 fu Benjamin Netanyahu a batterlo alle elezioni, in seguito alle quali decise di lasciare la leadership del partito a Ehud Barak. Nel 2000 si candidò per la prima volta alla presidenza di Israele, ma fu battuto da Moshe Katzav. Dopo la sconfitta del partito laburista di Barak da parte di Ariel Sharon nelle elezioni del 2001, Peres decise quindi di tornare di nuovo sulla scena politica sostituendo Barak alla leadership di partito e guidandolo nel governo di Unità Nazionale con il Likud di Sharon, assicurandosi la carica di Ministro degli Esteri. Fu con lui che guidò poi un’altra coalizione alla fine del 2004, quando si stava programmando il “disimpegno” israeliano dalla Striscia di Gaza.
Il 13 giugno 2007 Peres è stato infine eletto presidente dello Stato di Israele, carica che ha mantenuto fino al 2014, lasciandola con un buffo video in cui fingeva di mettersi in cerca di un nuovo impiego. E un nuovo lavoro l’ha davvero avuto, diventando uno dei punti di riferimento di Israele e ambasciatore dei valori della pace in Medio Oriente, anche grazie al suo Peres Center for Peace. Quella voglia di fare e cambiare il mondo di cui parlava non l’ha mai persa, tanto che qualche mese fa ha scherzato sulla sua età avanzata con la regina Elisabetta in occasione del suo novantesimo compleanno: “Per esperienza, posso dire che secondo me la vita inizia a novant’anni, e migliora di anno in anno”. E con la stessa vena ironica diceva: “Gli ottimisti e i pessimisti muoiono nello stesso modo, ma vivono diversamente. Ecco, io preferisco vivere da ottimista”.
Francesca Matalon
(28 settembre 2016)