Stradivari
Evento di grande portata a Cremona per tutti gli amanti della musica. Il 24 settembre ha preso il via lo Stradivari Festival che durerà fino all’8 ottobre e che offre sei concerti per pubblico generico più due speciali a misura di famiglia, con oltre cinquanta artisti tra cui: Fabio Biondi e l’ensemble Europa Galante, impegnati nel repertorio barocco; i Bohemian Virtuosi, orchestra di giovani talenti fondata a Budapest nel 2011 da Geza Hosszu Legocky, un virtuoso della musica classica che ama il gipsy; l’inglese Nigel Kennedy, che come altri della sua generazione (tipo David Garrett o Ara Malikian) suona con la stessa naturalezza Bach e cover dei Doors, duettando con la chitarra elettrica; il trio diretto da Avishai Cohen, il ragazzo del kibbutz cresciuto in America e oggi considerato uno dei più importanti contrabbassisti nel mondo del jazz.
Ma la vera sorpresa del Festival è l’esposizione del celebre violino Messia, nato nel 1716 nella bottega cremonese del liutaio Antonio Stradivari e residente all’Ashmolean Museum di Oxford dal 1939, anno in cui fu suonato per l’ultima volta.
È difficile definire in modo netto i confini tra storia e leggenda, difficile ripercorrere tutte le tappe del viaggio di questo strumento dal valore inestimabile che torna a casa per festeggiare i suoi 300 anni di vita, dopo aver viaggiato tra Italia, Francia e Gran Bretagna, passando dagli eredi di Stradivari al nobile Ignazio Alessandro Cozio, collezionista piemontese e poi nelle mani di liutai importanti ma anche di mercanti come Luigi Tarisio, che nell’800 grazie al suo fiuto infallibile costruisce un vero e proprio impero sul commercio di violini. Il liutaio parigino Jean Baptiste Vuillaume cerca più volte di convincere Tarisio a consegnargli il prezioso strumento ma senza successo e un giorno, nella sua bottega, un celebre violinista francese, Jean Delphine Alard dichiara: “Il vostro violino è come il Messia; lo si aspetta sempre ma non arriva mai”. E di qui il violino a lungo ritenuto più prezioso al mondo, verrà sempre definito “Messia”. Quando Tarisio muore nel 1854, il liutaio Vuillame si reca in Italia e compie una sorta di caccia al tesoro che termina in una stalla al confine tra Lombardia ed Emilia Romagna. Nascosto nella paglia c’è lo Stradivari Messia, lungo circa 59 centimetri, in abete rosso della Val di Fiemme, colore caldo, forma elegante; all’interno si legge la conferma del suo valore: Antonius Stradivarius Cremonensis faciebat 1716.
“Unisce come nessun altro dolcezza e grandeur”, dichiarerà Joseph Joachim, nato nel 1831 da Julius e Fanny, ebrei ungheresi che commerciavano in lana. A soli 5 anni comincia la sua educazione musicale e a 9 anni è già a Vienna per studiare con Hellmesberger e Böhm. A 12 si trasferisce a Lipsia dove è seguito da Mendelssohn e Hauptmann e nel 1866 è già direttore della Hochschule für Musik di Berlino. Suona, dirige, insegna e compone diverse opere tra cui le Hebraeische Melodien per viola and pianoforte. L’enfant prodige è uno dei fortunati (tra loro si dice vi sia anche Einsten) ad aver suonato il Messia, in quei pochi anni in cui è stato possibile farlo.
Il Messia Stradivari è sopravissuto ai tanti trasferimenti e ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, ma non può regalarci alcun suono, solo la sua bellezza.
Maria Teresa Milano
Consiglio d’ascolto:
(29 settembre 2016)