…Ferrara
La buona notizia per questo 5777 che sta arrivando riguarda l’apparente novità di istituzioni culturali ebraiche che finalmente si parlano, si confrontano, si conoscono e collaborano. Forse un po’ lo facevano anche in passato, ma i segnali per una nuova abitudine mentale ci sono veramente tutti. Quando all’inizio di questo mese molte di queste realtà si sono ritrovate attorno a un tavolo a Ferrara, invitate dalla direzione del Meis a presentarsi e parlarsi, è apparso immediatamente chiaro, innanzitutto, che in Italia si produce un’enorme mole di iniziative in rapporto alle apparentemente limitate forze delle comunità. Si tratta per lo più di operazioni di alto livello, che soffrono probabilmente di un solo difetto: non comunicano a sufficienza, e si conoscono poco l’una con l’altra. Negli ultimi anni il lavoro in tema di comunicazione è stato ben avviato, ma è necessario fare ancora passi in avanti, in particolare coordinando attività di ricerca, organizzazione di eventi, pubblicazioni e attività didattiche che potrebbero giovarsi di moltiplicatori naturali a costo zero se solo si stabilissero dei tavoli di lavoro continuativi e operativi. La strada è senza dubbio tracciata e – dai più – condivisa. L’UCEI riesce sempre meglio nello sforzo di coordinare e di mettere in comunicazione realtà che in passato magari neppure sapevano l’una dell’esistenza dell’altra. A me pare che il percorso iniziato sia quello giusto. Tutto bene quindi? Direi di sì, a patto che negli organismi comunitari a tutti i livelli ci si renda conto che l’investimento in cultura è un investimento per il futuro, che la mancanza di redditività immediatamente visibile legata al lavoro di biblioteche, archivi, centri studi e festival culturali è un falso problema. Si tratta al contrario di asset vitali e necessari per le comunità, per crescere le nuove generazioni nella consapevolezza delle proprie radici e per offrire loro opportunità.
È peraltro significativo che questo “nuovo corso” prenda le mosse da Ferrara. Una città che è stata tante volte centrale nella storia dell’ebraismo italiano. E’ qui che nel 1554 i rabbini si riunirono per correre ai ripari e proporre soluzioni dopo il tragico rogo del Talmud ordinato in varie piazze della Penisola l’anno prima. Sempre qui nel 1862 e poi nel ’67 si riunirono i notabili dell’ebraismo italiano unificato per porre le basi di un nuovo coordinamento delle università israelitiche del regno. Che questo nuovo sforzo unitario, prodotto sul finire dell’anno che stiamo lasciando (con tutte le sue maledizioni, come vuole la tradizione) porti alle istituzioni culturali ebraiche italiane nuove benedizioni per l’anno a venire, da vivere in un clima di costruttiva collaborazione.
Gadi Luzzatto Voghera
(30 settembre 2016)