La storia dell’Aliyah Bet in Italia,
la risposta a un Capitano
“Eravamo giovani, partimmo come volontari, senza sapere veramente in quale impresa saremmo stati coinvolti”, commenta Murray Greenfield parlando della sua partecipazione nel 1947, come marinaio, all’epopea dell’immigrazione clandestina in terra d’Israele. Emigrato negli Stati Uniti prima della Seconda guerra mondiale, arruolato nella marina americana, salì a bordo di una delle dieci navi partite dagli Stati Uniti verso l’Europa dove, come molte altre, avrebbero imbarcato migliaia di persone sopravvissute ai lager nazisti o scampate ad altre drammatiche vicissitudini per portarle in Palestina, allora sotto il mandato britannico. Greenfield non è voluto mancare all’apertura della mostra “In Response to an italian Captain. Aliya Bet from Italy, 1945-1948” inaugurata mercoledì 28 settembre all’Eretz Israel Museum di Tel Aviv, alla quale sarà dedicato nelle prossime settimane un servizio di Sorgente di vita, la rubrica di Rai Due di vita e cultura ebraica a cura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Curata da Rachel Bonfil e Fiammetta Martegani la mostra è stata inaugurata alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia in Israele, Francesco Maria Talò, del sindaco di Tel Aviv Ron Huldai e dell’Addetto Culturale dell’Ambasciata italiana, Elena Loewenthal. In un percorso ben allestito fatto di fotografie, documenti e schede storiche accurate, corredato da postazioni video dove scorrono documentari e interviste a testimoni, la mostra ricostruisce in modo esaustivo la storia dell’immigrazione clandestina dall’Italia verso la Palestina sotto mandato britannico. Nel 1945, alla fine della guerra “oltre 250.000 ebrei, sopravvissuti all’Olocausto, in fuga dall’Europa dell’Est si avviarono verso l’Europa centrale, verso la Germania, l’Italia e l’Austria”, scrive Bonfil nell’introduzione del catalogo. Una massa di persone, soprattutto giovani, senza più famiglia, senza più casa, senza più nulla, animati dalla speranza di una nuova vita in terra d’Israele. Il passaggio delle Alpi, le Hachsharot in tante regioni italiane, i diversi campi, dal Piemonte alla Puglia, dove i profughi vennero accolti in attesa di partire per la Palestina. Documentato anche l’instancabile impegno di Ada Sereni e di Yehuda Arazi, e poi gli imbarchi, da La Spezia alle spiagge dell’Italia meridionale, i viaggi sulle navi, le difficoltà e i pericoli, gli scontri con gli inglesi, gli arresti, la detenzione nel campo di Atlit vicino a Haifa e a Cipro. Fino al ’48 quando, con la nascita dello Stato d’Israele, l’aliyah divenne finalmente legale per ogni ebreo del mondo.
Piera Di Segni
(2 ottobre 2016)