“9 Ottobre, molte domande aperte”

schermata-2016-10-10-alle-09-33-26Parte dalle nuove generazioni, dalla loro volontà di trasmettere l’importanza di questa memoria, l’intensa commemorazione dedicata ieri a Roma al ricordo dell’attentato al Tempio Maggiore. Esattamente 34 anni fa.
Nell’anniversario dell’attentato, nella sinagoga Beth Michael, Benè Berith Giovani e Delet-Assessorato ai Giovani della Comunità ebraica hanno infatti portato molte centinaia di persone a raccogliersi e a condividere ferite, pensieri, sguardi in prospettiva insieme a Gadiel Taché, che perse il fratellino Stefano e che fu per giorni sospeso tra la vita e la morte, e Pierluigi Battista, il giornalista con cui Gadiel ha deciso di rompere un lungo silenzio nel 2011.
Una serata densa e commovente, che si conclude con una lezione di Torah. Perché la missione del popolo ebraico, viene ricordato, è quella di tenere alto il valore della vita, l’identità, gli insegnamenti dei Maestri, l’amore per lo studio. La vita che vince sulla morte.
“Questa è una serata importante, per riflettere tutti insieme sulle cause di quell’attentato, sul clima pesantissimo che si respirava in quei giorni. Come è noto, fummo venduti ai terroristi palestinesi. Terroristi che ad oggi non sono perseguiti dalle legge” esordisce la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, dando avvio alla serata con una memoria che si intreccia anche a quella di giovane studentessa costretta in quel difficile ’82, sui banchi del liceo Manara, a difendersi dai veleni di un costante flusso di rancore anti-israeliano e anti-ebraico.
Un plauso ai giovani che si sono presi carico di questa iniziativa arriva anche dalla presidente UCEI Noemi Di Segni, presente alla serata. Proprio la presidente dell’Unione, nel corso della mattinata, aveva fatto diffondere un messaggio di vicinanza alla Comunità di Roma a nome dell’intero ebraismo italiano. Un messaggio in cui veniva messo in evidenza come attraverso il ricordo dell’attentato al Tempio Maggiore e di quelle ore convulse e drammatiche, ma anche della vergognosa campagna di odio che precedette l’attentato, si sottragga questa terribile pagina del Novecento italiano “da un oblio cui è stata troppo a lungo condannata”.
La parola passa poi ai due protagonisti della serata. Battista, che oggi firma un importante editoriale sul Corriere, ricostruisce il quadro di quel periodo. I silenzi, i tradimenti, le miopie di chi non seppe vedere e interpretare il pericolo, di chi mostruosamente cavalcò il risentimento. Concetti su cui torna nel suo editoriale: “Uccidere un bambino ebreo a Roma al termine di una preghiera voleva dire non fare alcuna differenza tra un ebreo, un sionista, un israeliano, tra un bambino e un adulto, in una folle spirale in cui l’antisemitismo trova terreno fertile in un’opinione pubblica incline a fare di Israele il carnefice, il responsabile di ogni male. Ecco perché – scrive – c’è voluto tempo perché la nostra comunità nazionale si rendesse conto della mostruosità di quel gesto”.
“C’è chi mi chiede perché io, dopo tanto orrore, non me ne sia andato dall’Italia. Non abbia lasciato questo paese, non abbia ricominciato una vita altrove. Ma io sono italiano, ne sono orgoglioso. Voglio restare qua. Ma non dimentico quello che è successo e non dimentico che siamo stati traditi” riflette Gadiel, che dal 2011 ha iniziato a portare la sua testimonianza ai più giovani. Nelle scuole e non solo.
Perché il ricordo di quelle ore è vivo, anche se confuso. Perché le sue parole possano lasciare un segno profondo. “Per questo – afferma – è ancora più significativo che questa serata sia organizzata dai nostri ragazzi. Un bel segnale”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(10 ottobre 2016)