“Con un voto sconcertante e fuori dalla storia, su cui anche l’Italia porta delle responsabilità, il Consiglio esecutivo dell’Unesco ha avallato la pretesa di alcuni paesi arabi di sradicare ogni riferimento alla radice ebraica dall’area della Città Vecchia di Gerusalemme in cui sorge il Muro Occidentale, il luogo più sacro agli ebrei di tutto il mondo. Gerusalemme, la capitale unica e indivisibile di Israele. Città nella quale oggi, tutte le fedi trovano il loro spazio, garantito dallo Stato, per professare liberamente il proprio credo”, così la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni ha commentato la risoluzione votata ieri dall’Unesco, organizzazione delle Nazioni Unite dedicata alla tutela dei patrimoni artistici, che nega il legame tra l’ebraismo e il Monte del Tempio di Gerusalemme.
“Una decisione che non esito pertanto a definire aberrante – continua Di Segni – e che non può passare nell’indifferenza dell’opinione pubblica, dell’intero governo Italiano e delle Istituzioni europee. Oggi più che mai è invece necessaria una corretta, e non distorta, lettura delle reali concatenazione storiche che hanno portato all’assetto attuale dei rapporti in medio oriente. 
Nella risoluzione votata ieri a larga maggioranza dal Consiglio, ci si riferisce a questi luoghi soltanto con il nome indicato dalla tradizione islamica. Dei 58 paesi rappresentati nel Consiglio, soltanto sei si sono opposti. Voglio qui ricordarli: Stati Uniti d’America, Regno Unito, Germania, Olanda, Lituania ed Estonia. 
Questa risoluzione conferma, se mai ce ne fosse bisogno, la totale sconnessione delle Nazioni Unite dagli obiettivi autentici e sinceri che hanno ispirato la sua costituzione nel Dopoguerra. Un’organizzazione che di unito non ha più nulla – conclude la presidente dell’Unione – e che nelle sue diverse ramificazioni si esprime sempre più come realtà politicizzata e appiattita, miope e incapace di farci sognare un futuro di pace e sicurezza”. 

Il Nobel a Bob Dylan. Molti gli approfondimenti sui quotidiani sulla vita e le canzoni di Bob Dylan, a cui ieri è stato conferito a sorpresa il Nobel per la Letteratura, e di cui il Portale dell’ebraismo italiano moked.it ha ricordato il legame con Israele. “Un premio alla nostalgia”, scrive Vittorio Zucconi su Repubblica, parlando di “un riconoscimento che l’Accademia Svedese ha voluto assegnare, essendo certamente avvertita dei rischi che l’America civile sta correndo con l’avvento possibile alla Casa Bianca di un personaggio torvo e prosaico come Donald Trump, alla nobiltà popolare, alla generosità culturale di una storia americana minacciata oggi dalla paura, dal rancore e dal populismo tossico”. “Nessuno immaginava – sottolinea Francesco Prisco sul Sole 24 Ore – che ad aggiudicarsi il premio Nobel per la letteratura non sarebbero stati Philp Roth o Don De Lillo, ma Robert Allen Zimmerman, meglio noto come Bob Dylan.

Premio Bottari Lattes ad Amos Oz. Il grande scrittore israeliano Amos Oz sarà oggi ad Alba per ricevere il premio internazionale Bottari Lattes. “Lo abbiamo scelto per la qualità letteraria e la verità umana dei suoi libri” spiega a La Stampa Torino il professor Gianluigi Beccaria, presidente del premio.

Roma, la Memoria e la medicina. Dall’8 al 10 novembre partirà da Roma una delegazione di medici della Capitale per visitare Auschwitz, il cui viaggio seguirà quello guidato dal sindaco Virginia Raggi, che accompagnerà in Polonia oltre 100 studenti romani. “Esamineremo con attenzione gli aspetti relativi al ruolo dei medici nazisti nei campi, nello sterminio degli ebrei e nella persecuzione delle altre minoranze”, spiega a Repubblica Roma Marcello Pezzetti, direttore scientifico della Fondazione Museo della Shoah di Roma. Lo storico accompagnerà anche il sindaco nella visita ad Auschwitz, dove i presenti ascolteranno la tragica quanto preziosa testimonianza di Sami Modiano, che da quel luogo di morte riuscì a uscire vivo.

Bauman e la paura dell’altro. Sull’Osservatore Romano un’anticipazione dell’intervista del direttore del mensile Tracce, Davide Perillo, al grande intellettuale ebreo Zygmunt Bauman. Nell’intervista, un’ampia riflessione sul perché il populismo e la paura dello straniero continui ad attecchire in Europa: “Gli stranieri, soprattutto i migranti, i nuovi venuti, – afferma Bauman – tendono a mettere in questione quello che ‘noi’, i nativi, siamo, almeno nel regno dell’opinione (ovvero nel sapere in cui crediamo, ma su cui non riflettiamo). Ci spingono, anzi, quasi ci obbligano a spiegare in che modo perseguiamo gli obiettivi della nostra vita. A rendere ragione di convinzioni e comportamenti che per noi sono ovvi, evidenti e perciò auto-esplicativi. Facendo così, quindi, disturbano. Sconvolgono la nostra tranquillità spirituale e intaccano la nostra sicurezza, così necessaria per un’azione decisa”.

Dario Fo (1926-2016). “Dalla fedeltà a Salò all’ostilità per l’Occidente”, titola La Stampa l’articolo di Mattia Feltri dedicato a Dario Fo, scomparso ieri a 90 anni. “Volontario nella Rsi, simbolo della gauche, antisionista: la parabola dell’estremismo attraverso il Novecento”, la descrizione di Fo, premio Nobel per la Letteratura, presentata da Feltri.