Falafel? No un gioiello
La morbidezza dei pancake, la semplice bontà di due uova all’occhio di bue, una pita con falafel e humus che debordano insidiosamente come vuole la tradizione. C’è questo e molto altro nella cucina di Shay Aron, che però in realtà non è uno chef ma un artista. Le sue creazioni sono infatti miniature fatte con il fimo, una pasta sintetica che negli ultimi anni ha preso molto piede e viene utilizzata per creare piccoli gioielli. E infatti a un occhio attento non sfugge che in realtà quelle uova sono orecchini, che la pita pende come ciondolo da una catenina d’argento e che i pancake vanno ai polsini della camicia, come eleganti gemelli. Ma qualche volta invece, guardandole in foto, ci vogliono una monetina, un fiammifero o un dito che appare enorme, sapientemente inseriti da Shay, per rendersi conto che non si tratta di cibo vero ma di mini riproduzioni non commestibili. “Ma anche così – racconta – a volte le persone non mi credono e pensano che sia un’illusione ottica, o magari un fiammifero enorme”. Nato nel 1985 a Tel Aviv, cresciuto a Or Yehuda con una formazione nell’ambito del teatro e della sceneggiatura, Shay non credeva che un giorno si sarebbe guadagnato da vivere producendo cibo finto in miniatura. Tutto è iniziato dieci anni fa, con la richiesta di un amico che desiderava un magnete per il frigo che ritraesse il vassoio del Seder di Pesach. “Ero anche andato a un corso di cucina professionale, e per un momento ho anche pensato che il mio futuro fosse in effetti nella preparazione di cibo nel mondo reale – ricorda – ma poi tornando a casa ho cominciato sempre più spesso a fare miniature delle torte che imparavo a cucinare”. Una casualità che per lui è stata anche utile per la salute. “Sono stato un bambino e un giovane grasso, mi è sempre piaciuto mangiare”, spiega. “Mi piace ancora, ma dall’età di cinque anni ho cominciato a ingrassare troppo. Ho raggiunto i 140 chili, e non sono nemmeno stato preso nell’esercito per questo”. Ma un giorno tutto è cambiato, all’improvviso: “Dopo tre piatti di falafel, uno dopo l’altro, è semplicemente successo. Qualcosa è mutato nel mio cervello – prosegue – e ho peso 80 chili. È filosofia spiccia e anche un cliché, e non è mai stato fatto di proposito, ma sembra che io abbia sostituito il mangiare compulsivamente con la creazione di piatti non commestibili”. Dietro le opere di Aron c’è una vera e propria ricerca, e per rendere il più realistico possibile l’impasto della pizza, che oggi fa in automatico, in passato ad esempio “guardavo pizze per ore per capire i colori, le consistenze e le sfumature”, e nel sugo di pomodoro qualche volta mischia vero origano. Oltre alla pizza tra i suoi classici ci sono colorati dolciumi, il modaiolo sushi e gli evergreen della cucina ebraica e israeliana, come i suoi orecchini-gefiltefish e la sua collanapita, ma anche l’hummus, l’insalatina di cetrioli e pomodori e molte challot. Attraverso il web Shay vende in tutto il mondo, ma “in Israele – osserva – non si parla molto di miniature, e quando le comprano si tratta spesso di ciambelle. Sono gli americani ad andare davvero matti per hummus, falafel e shawarma”.
f.m.