Unesco, il voto della vergogna “Grave l’astensione italiana”
In evidenza su tutti i più importanti quotidiani le dichiarazioni della presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni sul voto della vergogna che all’Unesco ha negato in modo definitivo l’ebraicità di alcuni siti di Gerusalemme.
“Votando in forma definitiva una risoluzione che nega l’identità ebraica di alcuni siti della capitale e unica e indivisibile dello Stato di Israele, Gerusalemme, fra cui il Muro occidentale che costituisce come è universalmente noto il luogo più sacro per il mondo ebraico, l’Unesco si pone fuori dalla storia e scrive, con pesanti responsabilità dell’Italia e degli altri Paesi astenuti e favorevoli, una delle pagine più gravi e al tempo stesso grottesche della storia delle Nazioni Unite” le parole della presidente dell’Unione, richiamate nel titolo tra gli altri da Corriere della sera, Repubblica e La Stampa.
“Tremila anni di storia, ebraica ma anche cristiana – ha affermato Di Segni – cancellati con una decisione di chiaro stampo revisionistico e negazionistico. Questa risoluzione, che tratta in modo fuorviante anche l’identità di alcuni siti di Hevron e Betlemme, è un insulto all’intelligenza, alla decenza, alle battaglie che tante persone e Istituzioni responsabili e di buona volontà combattono ogni giorno per contrastare i professionisti dell’odio e della menzogna”.
Gravissimo, ha aggiunto Di Segni, che questo accada senza l’opposizione dell’Italia, “la cui politica estera non può certo essere dettata dal caso, dalla superficialità o, peggio ancora, dall’opportunismo”. Non ci meravigliamo allora, la sua riflessione, “se il domani porta con sé atti e fatti di odio e sangue”.
In un’intervista con Repubblica, la presidente UCEI sottolinea ancora: “Magari nel gioco diplomatico l’Italia avrà anche tentato ti migliorare il testo, ma se ambisce ad avere un ruolo di leadership in Europa e alle Nazioni Unite, la realpolitik non basta: bisogna mostrarsi all’altezza. Invece con mosse come questa il nostro paese si mostra irresponsabile e miope”.
Sulla risoluzione dell’Unesco, contro cui sono intervenute già negli scorsi giorni le più alte cariche dello Stato israeliano, da registrare alcune importanti prese di posizione di esponenti della politica italiana. Tra gli altri quella del parlamentare dem Emanuele Fiano, che afferma: “Non ha senso negare l’ebraicità del Muro del Pianto. Chiederò a Renzi e Gentiloni di parlare della questione, sono certo che si cercherà il modo per tornare indietro da questa posizione”.
Per questo pomeriggio alle 15 il quotidiano Il Foglio ha promosso un’iniziativa di protesta davanti alla sede romana dell’Unesco. “Per un giorno – viene annunciato – trasformeremo la sede dell’Unesco a Roma nel nostro Muro del Pianto: portando di fronte alla sede italiana dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura le lettere del Foglio e dei nostri lettori per spiegare che cancellare la storia di Israele non è Educazione, non è Scienza, non è Cultura: è semplicemente una Shoah culturale”.
La riconquista di Mosul. Continua la battaglia delle forze alleate per riconquistare quella che da oltre due anni è diventata la roccaforte del sedicente Stato islamico in Iraq. “L’Isis sa di non poter vincere questa battaglia, – scrive Repubblica – ma può rendere la vittoria altrui molto molto dolorosa”, e per questo sta usando i civili come scudi umani per l’ultima difesa di Mosul, spostando intere famiglie nelle zone esposte agli attacchi della coalizione. La Stampa invece racconta come sia cambiato il volto dei peshmerga, i combattenti curdi che dall’inizio sono in prima fila nella lotta per sconfiggere l’Isis: addestrati anche dall’Italia, i peshmerga “ora si sentono le forze armate di un vero Stato”.
Il 16 ottobre, lutto cittadino. Furio Colombo scrive al Corriere della Sera Roma per sostenere la proposta rilanciata sul quotidiano dal giornalista Paolo Conti affinché l’amministrazione della Capitale riconosca come giornata di lutto cittadino il 16 ottobre, in memoria della razzia nazifascista dei cittadini ebrei nel ghetto di Roma. Lo stesso Colombo sulle colonne del Fatto Quotidiano spiega invece il perché della sua contrarietà alla realizzazione di un Museo del fascismo a Predappio. Secondo il giornalista, “tutto il periodo berlusconiano, e una folla di addetti all’informazione (non fascisti ma sempre orientati a dire ciò che dice il potere), ha svilito la memoria e la rinascita democratica dell’Italia (dalla Resistenza alla Costituzione al tentativo di attribuire la responsabilità dei gulag ai comunisti italiani) e frantumato ogni possibilità di memoria condivisa, che vuol dire che non è una colpa essere stati fascisti, ma lo è esserlo ancora, dopo decine di milioni di morti e dopo la Shoah (che è stato anche un delitto italiano”.
Leonard Cohen e la Bibbia. Tanti i riferimenti biblici presenti nell’ultimo disco del celebre cantautore ebreo americano Leonard Cohen, di cui oggi il Corriere della Sera pubblica un’intervista. “Non mi sento una persona religiosa. – spiega Cohen – In alcuni momenti ho sentito la grazia di un’altra presenza nella mia vita, ma non ci posso costruire una struttura spirituale. Questi però sono il panorama e il vocabolario con cui sono cresciuto”.
La politica di Abbas. La dirigenza palestinese è “prigioniera delle sue stesse bugie”, spiega al Foglio il giornalista arabo-israeliano Khaled Abu Toameh, che descrive le debolezze di Mahmoud Abbas, leader dell’Autorità nazionale palestinese, e il suo tentativo di bloccare il riavvicinamento tra Israele e i paesi arabi del Golfo con iniziative come la vergognosa risoluzione Unesco.
L’ebraismo irregolare di Piperno. Lo scrittore Alessandro Piperno “rappresenta l’anima più attenta, profonda e limpida dell’ebraismo che ho sempre amato. Non il vittimismo, avido di calamitare la corte dei compiacenti, che stanno con gli ebrei (e con Israele, dove magari non sono mai andati) quasi sempre per interessato desiderio di vicinanza, se non di appartenenza”. A scriverlo sul Corriere, Antonio Ferrari commentando l’ultima lavoro di Piperno Dove la storia finisce.
Daniel Reichel
(19 ottobre 2016)