Yerushalaim…

Chag ha-Sukkot – Festa delle Capanne – che celebriamo in questi giorni è una delle tre feste, insieme a Pesach e Shavuoth (Pasqua e Pentecoste) – ricordate nella Torah come tempo di pellegrinaggio per il popolo d’Israele nel luogo prescelto dal Signore per stabilirvi il Santuario. Una testimonianza biblica dell’atmosfera gioiosa che accompagnava questi pellegrinaggi a Gerusalemme è data dal Salmo 122, che fa parte della liturgia festiva secondo diversi riti: “Ho gioito quando mi hanno detto – Andiamo alla Casa del Signore!- “Il Salmo descrive diverse caratteristiche di Gerusalemme, quale meta condivisa e simbolo di unità delle tribù d’Israele, residenza regale della discendenza del re David, luogo di convegno dei giudici nel più alto consesso del Sinedrio ma essa è innanzitutto sede della “Casa di D.O”. È questo aspetto che conferisce il carattere unico, di straordinaria levatura spirituale a questa città, ed è in questa dimensione che i Profeti la percepiscono come fonte dell’insegnamento divino, destinato a essere un giorno patrimonio del mondo intero.
La visione universale di Gerusalemme è però, a quanto pare, ancora lontana dal realizzarsi; il salmista avverte – e noi percepiamo con la stessa emozione – che Gerusalemme – Yerushalaim – nel tempo storico è città veramente speciale per il popolo ebraico – “Yerushalaim costruita come una città tutta unita – che-‘ir shechubberah la yachadav”; il Talmud Yerushalmì (Chaghigah 3,6) spiega, a nome di Rabbi Yehoshua ben Levì: ” (città) che rende chaverim tutti i figli d’Israele”. Il senso originario che il Maestro intendeva dare al termine chaverim era molto più specifico di quello che siamo oggi soliti attribuirgli – ovvero – “amici”, alludeva infatti al senso di fiducia reciproca che univa tutti gli israeliti in occasione delle feste di pellegrinaggio, fiducia che portava a considerarsi tutti quanti scrupolosi osservanti delle leggi divine, tanto da eliminare qualsiasi dubbio sull’adempimento delle prescrizioni di purità e consentendo quindi di vivere quelle giornate in condizioni di lieta e totale condivisione. Questo primo significato del termine “chaverim” ben si può associare a quello più genericamente diffuso di amicizia, per indicare in Yerushalaim la città che forse più di ogni altro elemento, concreto e simbolico, unisce tutti gli ebrei con legami forti di fiducia, solidarietà e identità (non per nulla, nuovamente, in questi giorni, ogni ebreo si sente colpito ed offeso in uno dei beni più cari).
Il salmista invita quindi a pregare per la pace di Yerushalaim, augura tranquillità per coloro che l’amano sinceramente – (quanti fra i potenti del mondo potranno oggi, nel loro intimo, riconoscere di amare sinceramente Yerushalaim?!) – si fa egli stesso espressione di fervida invocazione per questa città e per la Casa del Signore: “Per il bene dei miei fratelli e dei miei compagni auspicherò la pace in mezzo a te. Per merito della Casa del Signore cercherò il tuo bene”. L’augurio di pace – shalom – è rivolto al raggiungimento della tranquillità, della sicurezza e della assoluta prosperità per tutti coloro che vivranno in questa città, il bene – tov – si riferisce alla realizzazione della più alta meta spirituale per la quale il Signore l’ha prescelta, quella di essere luogo di ispirazione per il mondo intero, allorquando: “Andranno molti popoli e diranno – Venite che saliremo sul Monte del Signore, alla Casa del D.O di Giacobbe, affinché Egli ci ammaestri sulle Sue vie , affinché procediamo nei Suoi sentieri – “(Isai.a 2,3). Questa è la speranza messianica che anima il popolo ebraico. Nel frattempo, tuttavia, dobbiamo lenire il nostro cuore ferito con le parole di un altro salmo di liturgia quotidiana, il versetto 11 del Capitolo 84: “Preferisco stare sulla soglia della Casa del mio D.O, piuttosto che abitare in tutta sicurezza nelle tende della malvagità”. Preferisco accostarmi al solo Kotel Hamaaravì – al Muro Occidentale – meglio noto come Muro del Pianto – piuttosto che godere di protezione presso un consesso di irresponsabili e calunniatori che falsificano la storia, i testi sacri e il patrimonio di fede e di civiltà che dovrebbe essere tutelato come retaggio del mondo intero.

Giuseppe Momigliano, rabbino

(19 ottobre 2016)