Amicizie pericolose
Il candidato presidente del Partito Repubblicano Donald Trump, ha sostenuto recentemente “che gli unici che combattono veramente il Daesh sono Bashar al-Assad, la Russia e l’Iran”. Non so in quale dimensione viva Trump e su quali media stia seguendo il conflitto in Siria – sempre che lo stia seguendo – e non mi capacito neppure come un candidato alla presidenza Usa possa sostenere tali avversari. Rifletto soltanto sul fatto che i regimi di Damasco e di Teheran, i quali tra l’altro appoggiano Hezbollah, sono tra i principali nemici di Israele, e la Russia ha poi votato negli ultimi giorni la risoluzione dell’Unesco che nega l’identità ebraica di alcuni siti di Gerusalemme. Quella di Trump non è comunque una voce isolata, Vladimir Putin – o in misura minore anche Bashar al-Assad – in Occidente è sempre più venerato, non solo dalla destra, ma da una parte consistente di movimenti che si possono considerare “populisti”. Forse anche questa è un altro tipo di Soumission silenziosa dell’Europa. “Si profila all’orizzonte una lunga volontaria sottomissione a singoli dittatori e usurpatori (creduti salvatori)” scriveva Jakob Burckhardt, il quale profetizzava già nel 1872 il tramonto delle democrazie liberali.
Chissà in questo mondo affascinato dai populismi, dai fanatismi e dalle dittature, quale sarà l’atteggiamento che emergerà nei confronti di Israele. La risoluzione approvata dall’Unesco non lascia granché sperare in bene. Ma a tal proposito, aggiungerei che definire la questione, come ha fatto Il Foglio, “Shoah culturale”, sia comunque inappropriato. Certe parole non possono essere usate con tale flessibilità e hanno una collocazione storica ben circoscritta. L’antisemitismo mascherato da antisionismo è già di per sé sufficiente per definire un sentimento d’intolleranza nei confronti degli ebrei o di Israele. Purtroppo costante e sempre rinvigorito nel tempo.
Francesco Moises Bassano
(21 ottobre 2016)