accoglienza…

L’altro giorno, nella ricorrenza di Sheminì Atzeret – 8° Giorno di lieta festa solenne immediatamente successivo alle festa di Sukkot, abbiamo concluso il periodo estivo nel quale, nella prima benedizione della preghiera Amidah, si ricorda l’opera del Signore “che fa scendere la rugiada” e abbiamo dato inizio al periodo invernale – che durerà fino a Pesach – durante il quale si manifesta la potenza dell’Eterno “che fa soffiare il vento e scendere la pioggia”. Il rito sefardita introduce questo cambiamento della preghiera con alcuni inni – piyutim – particolarmente suggestivi; il primo, opera del grande poeta Shelomo Ibn Ghebirol, così si esprime nelle parole iniziali: “Abbondanza di piogge faccia scendere dai Suoi cieli per far vivere la semenza e perché gli alberi da frutto diano i loro prodotti. Pioggia, pioggia autunnale e pioggia primaverile, faccia scendere con le sue stille, in modo che tutta le frutta e le foglie degli alberi siano pingui e sane. Affrettati e manda il cerbiatto sicché scompaiano le ombre e ricorda in mio favore colui che piantò le querce” (traduzione di M.E. Artom). Come spesso avviene in queste composizioni, il testo si arricchisce di espressioni simboliche e allegoriche. Il “cerbiatto” è qui termine allusivo alla venuta del Messia, in base a una interpretazione allegorica dei Cantici 2,17. Il personaggio che “piantò” le querce è Abramo, secondo quanto ricordato in Genesi 21,33. L’interesse di questo riferimento al patriarca è dato però dall’interpretazione del midrash (Talmud B. Ketubbot 8b) che spiega il termine “eshel–quercia”, come l’acronimo delle parole ebraiche “akhilah, shetyah, linah” ovvero “offerta di cibo, bevanda e pernottamento”, in altre parole la “quercia” di Abramo altro non era che l’espressione simbolica dell’accoglienza che il patriarca offriva generosamente ai viandanti, indistintamente, da qualsiasi direzione essi giungessero. Questa generosa disponibilità e sollecita ospitalità viene ricordata nell’inno come merito, in base al quale si invoca dal Signore la pioggia di benedizione. Dalle nostre parti la pioggia non viene evidentemente attesa come un dono divino e i racconti biblici non sono probabilmente particolarmente famigliari anche a chi, seppure di altra fede, si dice probabilmente credente nelle parole della Genesi, altrimenti, forse, certa sconcertante ostentazione nel negare accoglienza a persone miserevoli ci sarebbe stata risparmiata.

Rav Giuseppe Momigliano

(26 ottobre 2016)