Roma, il vicesindaco grillino
“Ecco come vedo Israele e l’ebraismo”

frongiaDalla passione per i grandi classici della letteratura ebraica all’apprezzamento per la cucina israeliana, dal culto dei fratelli Coen (“Goodman che fingeva di essere ebreo nel Grande Lebowski resta nella storia del cinema…) all’impegno di Memoria testimoniato dalla sfida del Museo della Shoah. Il vicesindaco grillino Daniele Frongia si racconta in una prospettiva del tutto inedita. E tiene a sottolineare un concetto che gli è molto caro: “Nel Movimento c’è sempre stato per la religione ebraica e per l’ebraismo il massimo rispetto, come è giusto che sia”.

Partiamo dalla tua storia personale e familiare. Dai racconti dei tuoi nonni durante la Seconda Guerra Mondiale…
Durante il conflitto Ersilia, mia nonna, viveva in un piccolo paese in provincia di La Spezia, era la sesta di sei sorelle e, nonostante la guerra, la sua famiglia viveva bene: erano contadini possidenti e avevano mucche, galline e ulivi. Ogni settimana preparavano dei fagottini, con dei fazzoletti, dentro i quali mettevano latte, uova e formaggi. La sera, quando i partigiani bussavano alla porta, la mia bisnonna li faceva entrare per riscaldarsi e donava loro il cibo preparato.
Nel suo piccolo, la famiglia di mia nonna si opponeva al fascismo: Ersilia non ha mai partecipato alle marce in strada perché le era stato espressamente proibito dai suoi genitori. 
Mio nonno materno, invece, per sua stessa ammissione, non era né fascista né partigiano: era napoletano.

È questo il motivo che ti ha spinto ad approfondire la cultura ebraica?

I racconti dei miei genitori e dei miei nonni mi hanno fatto interessare a quel momento storico che ha per sempre cambiato la vita di tutti. Di certo anche le letture che mi ha proposto mia madre, quando ero piccolo, hanno avuto una certa influenza. Mi regalò quello splendido “mattone” di Henry Roth, Chiamalo sonno, che ho tanto amato. Poi nell’adolescenza, quando si instaurano i primi rapporti amicali di valore, ho frequentato molto alcuni ebrei romani e israeliani.
Proprio dalla mia famiglia ho naturalmente ricevuto un’educazione aperta alle diverse religioni e culture: i miei stessi genitori, pur entrambi cristiani, sono infatti di due diverse confessioni. La cultura ebraica è, del resto, parte importante della cultura europea, italiana e romana.

Come vicesindaco e assessore allo sport e alle politiche giovanili, superati i primi momenti più difficili, quali sono gli obiettivi che ti sei dato?

Stiamo per bandire le gare per l’affidamento degli impianti sportivi e ci stiamo occupando dei regolamenti. Per Roma si tratta di una rivoluzione. Ristabiliremo tariffe eque e risolveremo le situazioni più critiche. Abbiamo patrocinato la “Granfondo Campagnolo” e organizzato una pedalata solidale che invitava, il 9 ottobre, i cittadini a fare una donazione per i comuni del Centro-Italia colpiti dal sisma. Inoltre, stiamo dando supporto organizzativo agli europei di calcio Uefa Euro 2020. Stiamo programmando diversi progetti internazionali per i giovani; ad ottobre sono in partenza per Pechino tre studenti delle università pubbliche romane per un forum su “Gioventù e città del Futuro”. Stiamo stringendo collaborazioni con le università anche per sviluppare corsi come quello di “Euro Mediterraneo” che offre possibilità a studenti dei paesi in conflitto di discutere di pace e di sviluppo sostenibile. Abbiamo molti progetti locali e internazionali in cantiere per il 2017.

Sei anche un grande esperto di cinema: sai che ogni anno a Roma si organizza un festival del cinema israeliano? Sei interessato? In quale modo il Comune di Roma può collaborare?

Sì, ne sono a conoscenza. Sono un grande appassionato. In passato, presso lo storico cineclub Grauco, ho organizzato una rassegna di film sull’ebraismo, ricordo molto bene pellicole come Kadosh, Jona che visse nella balena, e il controverso The Believer. E, naturalmente, sono un cultore dei fratelli Coen: Goodman che fingeva di essere ebreo nel Grande Lebowski resta nella storia del cinema…

Per non parlare di musica, letteratura e cucina, ci racconti cosa ti è piaciuto di più di quel mondo ebraico?

Per quanto riguarda la letteratura amo Jerzy Kosinski, il suo splendido e durissimo L’uccello dipinto e Presenze, dal quale è stato tratto il più bel film con Peter Sellers, Oltre il giardino. Sono poi un fan di Leonard Bernstein – anche come compositore – e in passato ho organizzato alcuni concerti in Italia della pianista e artista Keren Hanan. Per il cibo sono molto “laico”, mangio con gusto praticamente quasi tutti i piatti del Mediterraneo e del Vicino Oriente, tra i quali vi sono ricette tipiche delle diverse comunità ebraiche, come ad esempio quella tripolina. Naturalmente ho apprezzato molto la cucina a Gerusalemme, così come a Tel Aviv.

Il Movimento Cinquestelle non ha mai brillato per simpatia verso il mondo ebraico. Il tuo contributo può rivelarsi prezioso per un cambiamento?
Non credo sia così. Forse c’è stata una spiccata simpatia da parte di alcuni esponenti del mondo ebraico per il partito attualmente al governo nazionale.
 Nel Movimento c’è sempre stato per la religione ebraica e per l’ebraismo il massimo rispetto, come è giusto che sia. Noi, a Roma, ci occupiamo della nostra città e di tutte le diverse comunità presenti; tutte le comunità hanno grande importanza e siamo ben consapevoli che quella ebraica, insieme a quella greca, è sicuramente tra le più antiche. Come amministrazione, abbiamo sbloccato l’iter per permettere l’apertura del Museo della Shoah e trovato, nell’ambito del mio assessorato, i finanziamenti per un progetto rivolto alle scuole romane, teso a rafforzare la memoria di quell’orribile pagina della storia.

Dario Coen, Pagine Ebraiche novembre 2016

(1 novembre 2016)