JCiak – Israele, un corto da Oscar
Un lavoro israeliano ce l’ha fatta a entrare nella prima shortlist dei cortometraggi documentari in lizza per gli Oscar. Intitolato The Mute’s House – Beth Ha’ilemet è scritto, diretto e coprodotto da Tamar Kay, studentessa dell’ultimo anno alla Sam Spiegel Film & Television School di Gerusalemme, ed è stato selezionato fra 61 film.
Il documentario, della durata di 31 minuti, racconta la storia di Yousef, otto anni, e di sua madre Sahar, gli ultimi due palestinesi ad abitare un edificio abbandonato nella parte israeliana di Hebron. Sono i soldati israeliani a chiamare la loro casa Mute’s house, anche se la donna è sorda ma niente affatto muta.
Quella minuscola enclave palestinese nel cuore della No Man’s Land incuriosisce, tanto che le agenzie turistiche l’hanno inclusa nei loro tour. E proprio le spiegazioni delle guide sono l’espediente narrativo attraverso cui veniamo a sapere la storia di Sahar a Yousef, che giorno dopo giorno tengono duro malgrado minacce e prepotenze.
Yousef, che è nato con un braccio solo, va a scuola grazie al privilegio di poter attraversare il confine. Ma nessuno dei compagni è autorizzato a fargli visita, come del resto la filmaker Tamar Kay non è autorizzata a girare nella parte palestinese. Yousef, come racconta il documentario, ha però imparato a svagarsi da solo, giocando con le galline, le capre e i conigli che scorrazzano tra le rovine del quartiere, tuffandosi nei videogames e strimpellando la chitarra.
Kay racconta con occhio poetico e mano sicura la strana vita di madre e figlio, il cui quotidiano illumina, meglio di tante parole, i paradossi di un conflitto straziante. Fa riflettere che nella stessa categoria corra anche The White Helmets di Orlando von Einsiedel, in onda su Netflix, dedicato ai caschi bianchi che in Siria hanno salvato finora quasi 60 mila vite e candidati quest’anno al Nobel per la pace.
La shortlist per gli Oscar avrà un’ulteriore scrematura a fine gennaio, in vista della grande cerimonia degli Academy Awards in programma il 26 febbraio. Lo scorso anno, a vincere nella sezione cortometraggi documentari era stata la regista pachistana Sharmeen Obaid-Chinoy con A Girl in the River, che raccontava la drammatica realtà dei crimini d’onore attraverso la storia della giovane Saba, sopravvissuta per miracolo al tentato omicidio per mano del padre e del fratello scontenti della sua scelta sentimentale.
Daniela Gross
(3 novembre 2016)