Tefillà per il terremoto
אמר רב יהודה אמר רב”
Disse Rabbi Judah nel nome del Rav: ‘Quattro gruppi di persone devono ringraziare: coloro che attraversano il mare, quelli che viaggiano nel deserto, il malato che guarisce ed il prigioniero che è stato liberato'”, è scritto nel trattato di Berachot (Talmud Bavli, Berachot 54b). Poco oltre Rab Judah specifica che queste categorie di persone devono dire
ברוך גומל, e da qui diciamo HaGomel dopo essere sopravvissuti ad una malattia, al parto (cosa che infatti di recente ho fatto io stessa) e più genericamente ad un pericolo, perché il Signore ci concede ogni bontà.
Dovremo forse dire HaGomel alla prossima Tefillà per essere vivi, ancora, dopo il terremoto? Non era così vicino a noi, eppure lo spavento è stato grande, discorrevo con una conoscente aspettando gli sposi in Tempio a Firenze lo scorso Yom Rishon. La casa ondeggiava, e sembrava non smettere, lasciandoci il tempo di pensare che stavamo sentendo il tremore e forse avremmo dovuto prendere in fretta qualche decisione invece di stare immobili nel letto, ma quale, svegliare i bambini e tenerli vicini, andare dalla piccola, trovare riparo sotto la porta del corridoio? E intanto il palazzo continuava a tremare.
Racconto che un bambino mi ha portato un disegno con il prato, il cielo ed in alto uno spaventapasseri abbozzato (il suo modo per ritrarre le persone), e mi ha confessato di aver provato a disegnare Hashomer, ma di essere rimasto insoddisfatto del risultato. Certo che non puoi disegnarlo, non si può, non sappiamo come è fatto, è troppo grande per capirlo, ho provato a spiegargli, ma sono stata immediatamente messa a tacere con un certo compatimento: lui è come noi, mi viene spiegato, solo che lui può fare tutto.
La mia interlocutrice sorride e mi racconta di avere anche lei, nell’infanzia, disegnato il signor H. come un signore con un grande televisore speciale, grazie al quale vede e controlla tutto il mondo. Davvero ingegnoso.
Lo devo riferire all’altro bambino che mi diceva fiducioso di non aver paura del terremoto, perché tanto HaShem lo vede e ci salva. Certo, ma intanto è nostro dovere provare a salvarci da soli. Eh sì perché lui ha tanto da fare e magari mentre sta salvando qualcun altro noi ci portiamo avanti…
Una donna mi racconta di essersi destata all’improvviso, una decina di minuti prima della scossa di terremoto di domenica mattina, e di aver chiamato quasi in lacrime il marito per raccontargli l’incubo che l’aveva terrorizzata: aveva sognato di essere con lui ed i figli alle terme, quando erano stati sorpresi dal terremoto.
Come ricorda Rav Colombo in Sognare e sapere, le dico colpita dalle sue parole, il sonno è un sessantesimo di morte ed il sogno è un sessantesimo di profezia. Purtroppo, o per fortuna, il marito interviene ad interrompere le nostre meditabonde elucubrazioni sul potere profetico dei sogni, rendendo meno tesa l’atmosfera: lo cantava anche Fabrizio De André ne Il Testamento: “per quella candida vecchia contessa che non si muove più dal mio letto per estirparmi l’insana promessa di riservarle i miei numeri al lotto, non vedo l’ora di andar fra i dannati per rivelarglieli tutti sbagliati…”.
Sara Valentina Di Palma
(3 novembre 2016)