Firenze – Nel nome di Bassani
Il dovere di testimoniare. L’identità ebraica declinata dagli scrittori ebrei e dalla letteratura di tutto il mondo. Il grande convegno organizzato da Anna Dolfi (Università di Firenze – dipartimento di Lingue, Letterature e Studi interculturali) con la collaborazione del Comitato Nazionale per le Celebrazioni della nascita di Giorgio Bassani e della Fondazione Giorgio Bassani e del Centro Studi Bassaniani con il patrocinio del Comune di Firenze ha aperto stamane la prima delle sue tre intense giornate con un intervento di Giulio Busi.
Nella stagione cultura che riporta Giorgio Bassani al centro del dibattito e in una massiccia chiamata a raccolta di studiosi italiani e internazionale che a Bassani sono venuti a rendere omaggio, il direttore degli studi di Ebraistica della Freie Universität di Berlino ha aperto la sessione dedicata a Ebraismo e Memoria con un affascinante parallelo fra l’itinerario dello scrittore ferrarese e le pagine di Franz Kafka. Dietro le ombre di due castelli (quello avvicinato sul litorale tirrenico da Bassani nell’area delle necropoli etrusche il giorno in cui decise di scrivere il Giardino dei Finzi Contini e quello delineato dallo scrittore praghese in uno dei maggiori classici della letteratura tedesca, Busi ha tenuto una lezione folgorante, intitolata “L’ebraismo nell’opera di Giorgio Bassani: detto, taciuto, alluso” che riconduceva alle specificità dei destini ebraici italiani.
Una esistenza, quella della componente ebraica in Italia, che in realtà sfida anche le leggi della chimica ricapitolate da Primo Levi. L’autore di “Se questo è un uomo” infatti aveva parlato di un “silenzioso e indolore dissolvimento” dell’ebraismo italiano che va perdendo la massa critica apparentemente necessaria alla sua sopravvivenza. Eppure, ha spiegato Busi ripercorrendo e mettendo faccia a faccia pagine illuminanti di Bassani e di Kafka, la storia ci ha insegnato che l’ebraismo italiano è capace di sopravvivere, fra realtà e narrazione identitaria, anche sfidando le leggi razionali.
Il programma della giornata si è poi dipanato con gli interventi di numerosissimi studiosi, fra cui Patrizio Collini (Università di Firenze) “La leggenda dell’Ebreo Errante nella letteratura classico-romantica”; Guido Furci (Fondation pour la Mémoire de la Shoah – Paris) “Ingiunzioni testimoniali ed enunciazioni collettive nella storia della cultura ebraica dell’Europa orientale). Dai pinkasim agli yizker-biher; Alessandro Gallicchio (Università di Firenze) “Parigi 1928-1932: la collana Artistes Juifs delle edizioni Le Triangle tra promozione artistica e appartenenza ebraica”; Enza Biagini (Università di Firenze) “Scrivere l’indicibile: Antelme, Duras, Améry”; Manuele Marinoni (dottore di ricerca – Università di Firenze) “Ich kann denken, aber nicht reden”: musica e pensiero ebraico nell’Europa novecentesca. Diacronie su Schönberg”; Dora Liscia (Università di Firenze) “I volti della memoria. Artisti dopo l’emancipazione”.
Nella sezione Semantica e testimonianza, sempre nella prima giornata, inoltre, gli interventi di Ida Zatelli (Università di Firenze) “Significato e valore della testimonianza nella Bibbia e nelle principali fonti della tradizione ebraica antica”; Mario Domenichelli (Università di Firenze) “Le figure dell’apocalisse negli intellettuali ebrei tra e dopo la seconda guerra mondiale”; Silvana Greco (Freie Universität Berlin) “La morte è la moneta del potere”. Il Novecento irredento di Elias Canetti”; Dario Collini (dottorato – Università di Pisa) “Sui “Racconti” di Giacomo Debenetti”; David Matteini (Università di Firenze) Shoah e testimonianza in W.G.Sebald; Domenico Scarpa (Centro internazionale di studi Primo Levi, Torino) “Gli ebrei”. Un articolo di Natalia Ginzburg e le sue vicende”; Laura Barile (Università di Siena) “La rimozione”; Daniel Vogelmann “Un editore per la testimonianza”.
(7 novembre 2016)