L’UCEI e la sfida della comunicazione

schermata-2016-11-07-alle-14-18-00Comunicare l’ebraismo italiano. Una sfida complessa, che si presta a molte considerazioni. In che termini, in che modi, con quali obiettivi. Nel rispetto di quali valori e di quali linee guida.
Questo il tema al centro del dibattito nella seconda parte dei lavori del Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane riunitosi domenica a Roma e che ha messo l’intera assise a confronto con il lavoro svolto da chi nell’ente opera in questo campo e con alcuni ospiti del mondo del giornalismo, della diplomazia, delle istituzioni israeliane.
“Che immagine diamo dell’ebraismo verso l’esterno? È una domanda che ciascuno di noi Consiglieri si deve porre, perché ciascuno di noi è, nel suo ambiente, nel suo territorio di riferimento, un portavoce dell’Unione. Il senso dell’iniziativa odierna è di attivare un processo di riflessione con degli esperti, anche sul tema dei contenitori e dei contenuti della nostra comunicazione” ha sottolineato la Presidente dell’Unione Noemi Di Segni dando avvio ai lavori.
Tra gli ospiti intervenuti il corrispondente dell’Ansa da Israele Massimo Lomonaco, il caporedattore Esteri di Skytg24 Renato Coen, il il ministro-consigliere dell’ambasciata d’Israele Rafael Erdreich e il portavoce Amit Zarouk.
Il consigliere Erdreich ha illustrato alcune iniziative messe in campo dall’ambasciata per favorire il rafforzamento di un’immagine positiva dello Stato ebraico. “Antisemitismo, movimento Bds, odio anti-israeliano. Contro questi fenomeni serve il più possibile un’azione concertata tra le nostre istituzioni e le istituzioni dell’ebraismo italiano. Un’azione che – ha sottolineato – non può prescindere dall’informazione e da una presenza nel mondo della rete e dei social network”.
Come si parla di Israele sulla stampa italiana? Secondo Zarouk “il quadro è nel complesso piuttosto positivo, nonostante quello che in genere si pensa al riguardo”. Il portavoce dell’ambasciata ha quindi illustrato il lavoro quotidiano dell’ufficio stampa sottolineando come “non ci sia alternativa ai rapporti personali, quando si vuole interagire positivamente con il mondo giornalistico”. La cosa più importante, ha poi aggiunto, è che i giornalisti vedano con i propri occhi la realtà di Israele, così da coglierne gli stimoli, le energie, le complessità.
“La qualità dell’informazione sull’ebraismo – ha osservato Massimo Lomonaco – è decisamente migliorata rispetto ad alcuni anni fa. I colleghi oggi sono molto più preparati di un tempo, conoscono maggiormente la realtà ebraica, i suoi valori, le sue peculiarità. Penso che di questo dobbiate essere molto orgogliosi, come leader di comunità ma anche per il ruolo che la stampa ebraica ha avuto nell’influenzare il modo di interagire della stampa nazionale con queste tematiche. Un concetto deve essere chiaro e cioè che l’informazione è un tema centrale, che non può essere lasciato al caso ma affrontato con professionalità”. Lomonaco ha quindi suggerito che l’Unione si faccia promotrice di un convegno di alto livello in cui si trattino essenzialmente due temi: come Israele viene affrontato sulla stampa italiana e contestualmente come l’Italia viene vista su quella israeliana.
“La comunicazione dell’ebraismo italiano dovrebbe staccarsi nettamente da quella relativa allo Stato di Israele. Sul caso Unesco ad esempio era fondamentale intervenire perché si toccavano temi anche religiosi, ma in altri casi rischia di essere controproducente. Il pericolo cui ci si espone – ha affermato Renato Coen – è che gli ebrei italiani siano oggi identificati come i difensori a priori di Israele”.
“C’è una gran sete di ebraismo nei giornali e nei programmi televisivi. Una sete – ha poi aggiunto – che può rivelarsi una grande opportunità per l’ebraismo italiano, così ricco di storie, valori, idee. Serve una visione non monolitica, ma plurale. Perché la diversità di opinioni è un punto di forza”.
A un ampio dibattito svoltosi fra i Consiglieri hanno fatto seguito alcune valutazioni e informazioni offerte dal direttore della Comunicazione e della redazione giornalistica dell’Unione Guido Vitale. La comunicazione – ha ricordato fra l’altro – non è infatti una religione, ma il risultato di orientamenti e decisioni strategiche ben precisi. La domanda da porre ai vertici dell’ebraismo italiano è dunque soprattutto quali finalità si vogliono raggiungere. Il lavoro sull’informazione deve articolarsi tutti i canali disponibili, dalla carta stampata, alla rete ai social network, ma conservare sempre un quoziente di professionalità e di quella dignità, di quella moralità che dovrebbe contraddistinguere ogni azione delle istituzioni ebraiche. La componente delle opinioni dei contributori esterni, che arricchisce il lavoro giornalistico sulla base della volontà espressa dall’ente editore, è solo un accessorio relativamente marginale di una strategia della comunicazione, perché una comunicazione efficace deve partire da un duro lavoro affidato ai giornalisti e la tendenza del mondo ebraico italiano di dare libero sfogo a innumerevoli opinioni su ogni argomento presenta degli aspetti preoccupanti. La comunicazione, infine, deve servire a stimolare una presentazione efficace dell’azione delle realtà ebraiche, aiutare la raccolta delle risorse, ma anche aumentare la credibilità e l’influenza delle istituzioni ebraiche e affrontare le problematiche motivazionali che sempre più spesso minacciano la vita comunitaria.
Al banco di prova del Consiglio è stato presentato anche l’esempio del modello di notiziario Sheva Eretz che la redazione giornalistica UCEI da alcune settimane dedica alla realtà sociopolitica di Israele.
“Israele – ha affermato Vitale – come avamposto della democrazia, come laboratorio dello sviluppo e del lavoro, come caleidoscopio di identità diverse, talvolta contrapposte che riescono a convivere, come società vulcanica e stimolante, come patrimonio insostituibile e irrinunciabile di tutta la collettività internazionale. Questo tipo di informazione è la risposta che riteniamo di dare alla tendenza dominante nei media di ridurre la realtà di Israele a un conflitto negandone ogni altro fattore”
Problematiche molto complesse su cui al di là delle diverse opinioni e dai diversi quesiti espressi dai Consiglieri tutti hanno trovato un’identità di vedute riguardo alla necessità mantenere aperto il confronto e di sviluppare un’azione sempre più efficace e sempre meglio calibrata.

(7 novembre 2016)