La fuga silenziosa
“In tempi bui che confondono il giudizio – scriveva Freud in una lettera a Thomas Mann del 1935– le parole del poeta sono azioni”. Quei tempi sono per fortuna alle spalle. L’ammonimento resta valido. Il mondo odierno è sovraccarico di pericoli. Non si può abbassare la guardia di fronte alle parole “malate” in cui è avviluppato il dibattito sul conflitto arabo-israeliano. Le parole malate hanno bisogno di cure, come le persone. Sono nato e cresciuto in un paese arabo, che ho lasciato da ragazzo dopo un sanguinoso pogrom: il terzo nella storia della mia famiglia in poco più di vent’anni.
Lungo l’arco di due decenni centinaia di migliaia di ebrei hanno forzatamente abbandonato le loro case e i loro averi in ogni area del mondo arabo e islamico. Le minoranze ebraiche non avevano partecipato alla guerra scatenata dagli eserciti della Lega araba per distruggere Israele sul nascere. Non costituivano un pericolo per nessuno. Erano ostaggi. La loro fu una fuga silenziosa, ignorata dalla stampa internazionale. Ricordare le sofferenze degli ebrei nei paesi arabi è un salutare richiamo alla complessità dei problemi e alla realtà. Se si accetta che anche loro sono un elemento del complesso e sfaccettato mosaico mediorientale, le cose appaiono in una luce diversa. Le comunità ebraiche del mondo arabo e islamico sono oggi solo un flebile ricordo. Eppure non molto tempo fa erano un elemento costitutivo della realtà e hanno dato significativi contributi in ogni campo.
Ridurre la questione dei profughi ebrei dei paesi arabi alla sola vicenda del conflitto arabo-israeliano è stata in Occidente una rinuncia alla capacità critica e di pensiero. Le loro peripezie sotto il giogo islamico sono poco note, le umiliazioni ignorate, il dolore invisibile. Spariti gli ebrei dal mondo arabo, è tragicamente toccato ai resti delle antiche civiltà che avevano popolato il Vicino Oriente prima delle invasioni arabe: cristiani, yazidi, copti etc. La centralità della Shoah nel dibattito sulla legittimità dell’esistenza di Israele ha fatto sì che la memoria delle sofferenze degli ebrei del mondo arabo fosse occultata per lungo tempo agli occhi anche degli israeliani. Solo di recente si è cominciato a riconoscere l’enorme valenza simbolica per una comprensione più adeguata della storia più recente del mondo arabo.
David Meghnagi, Università Roma Tre
(8 novembre 2016)