“Trump, un vero amico d’Israele”
Una conversazione calorosa tra due persone “che si conoscono da molto tempo” e un invito a incontrarsi alla Casa Bianca alla prima occasione possibile. Così l’ufficio del Primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu ha riassunto il colloquio telefonico avvenuto la scorsa settimana tra lo stesso Netanyahu e il nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump. “Trump è un vero amico d’Israele” con cui lo Stato ebraico lavorerà per “portare avanti la sicurezza, la stabilità e la pace nella nostra regione”, aveva dichiarato Netanyahu nel suo messaggio di auguri al neoeletto presidente. Concetti ribaditi durante la telefonata intercorsa tra i due, e sui quali si interrogano analisti e media israeliani: la domanda più ricorrente è “cosa significa la presidenza Trump per Israele e per il Medio Oriente?”. A seguire, quella strettamente connessa, “Trump darà seguito alle promesse elettorali legate a Israele?”.
L’ambasciata Usa si sposta nella Gerusalemme Capitale
Una delle promesse fatte da Trump la scorsa estate al Congresso dell’Aipac – la più grande organizzazione americana a sostegno d’Israele – è stata quella di spostare, una volta diventato presidente, l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo formalmente quest’ultima come Capitale d’Israele. “Siamo fiduciosi che Trump continuerà a rinforzare la nostra città, riaffermando la sua sovranità e spostando qui l’ambasciata Usa”, il messaggio inviato al nuovo inquilino della Casa Bianca dal sindaco della Capitale israeliana Nir Barkat. Intervistato dalla radio dell’esercito Galei Zahal, il consigliere per Israele di Trump, Jason Greenblatt, non ha esplicitamente confermato lo spostamento dell’ambasciata ma ha detto che il neopresidente “è un uomo che mantiene la parola”. “Lui – ha proseguito Greenblatt – riconosce il legame storico tra gli ebrei e Gerusalemme, a differenza dell’Unesco”.
Negoziati con i palestinesi e la questione degli insediamenti
Inizialmente Trump aveva dichiarato che sarebbe rimasto “neutrale” sulla questione israelo-palestinese in caso di nomina alla Casa Bianca. Nel suo discorso però all’Aipac ha rimarcato la vicinanza con Israele, definito come “il più grande alleato nella regione”.
In maggio, inoltre, ha dichiarato che gli insediamenti non sono il centro del problema del conflitto e anzi, in un’intervista al Daily Mail, ha dichiarato di essere a favore della loro costruzione visto che i palestinesi “continuano a sparare missili contro lo Stato ebraico”. “Credo che prenderebbe come esempio Gaza per dimostrarlo”, ha dichiarato Greenblatt a Galei Zahal, in riferimento al ritiro israeliano nel 2005 dalla Striscia di Gaza, oggi sotto il contro del movimento terroristico di Hamas.
Nelle scorse ore il ministro israeliano dell’Educazione Naftali Bennet, contrario alla soluzione dei due Stati, ha definito l’elezione di Trump come “un’opportunità per Israele per ritirare immediatamente la nozione di Stato palestinese al centro del nostro Paese, cosa che costituirebbe un un danno per la nostra sicurezza”. Per Bennet, “l’era dello Stato palestinese è passata”.
Contro le “incompetenti” Nazioni Unite
Più volte Trump ha definito le Nazioni Unite come “totalmente incompetenti” e “deboli”, sostenendo che non siano “amiche della democrazia, della libertà, degli Stati Uniti d’America, dove, come si sa, hanno la sede. E sicuramente non sono amiche di Israele”. In una dichiarazione pre-voto fatta dal suo consigliere Greenblatt e indirizzata all’elettorato americano d’Israele, si parlava di voler “porre il veto su tutti i voti delle Nazioni Unite che ingiustamente colpiscono Israele” e di “lavorare nelle istituzioni e nei forum internazionali, anche nelle relazioni con l’Unione europea, per contrastare chi cerca di delegittimare Israele, di imporre doppi standard che discriminano Israele, o di imporre speciali etichette sui prodotti israeliani o di boicottarli”.
Contro il nucleare iraniano
Sempre all’Aipac, ci fu una vera standing ovation quando definì una “catastrofe” l’accordo sul nucleare iraniano, siglato dal presidente Usa Barack Obama con Teheran e fortemente osteggiato da Netanyahu. “Io sono uno che sa fare accordi, e lasciatemi dire una cosa, questo accordo (quello iraniano) è catastrofico per l’America, per Israele e per l’intero Medio Oriente”, aveva detto Trump. La sua proposta, anche se non è ancora chiaro il come, è di rinegoziare l’accordo. In un discorso pubblico ha detto che lo avrebbe “smantellato” mentre alcuni suoi consiglieri – riporta il Wall Street Journal – dicono che cercherà “di raffinarlo”.
Daniel Reichel