A un anno dalle stragi di Parigi
Il terrorismo in Francia a un anno dalle stragi di Parigi. Ad attaccare al cuore Parigi, il 13 novembre 2015, è stato un commando nato da una cellula terrorista di Raqqa, in Siria. A scriverlo, il giornale Le Monde in una lunga inchiesta arricchita da documenti classificati dei servizi ungheresi. L’organizzazione ha sfruttato le ondate di migranti per entrare nello spazio Schengen: i kamikaze, con falsi passaporti, hanno seguito la via dei Balcani fino all’ Ungheria (Repubblica). E il luogo diventato tristemente simbolo di degli attacchi compiuti dalla cellula terroristica islamista è il Bataclan: il teatro in cui furono massacrate 93 persone durante un concerto. Nelle scorse ore, come racconta il Corriere della Sera, il teatro ha riaperto affidando la nuova inaugurazione al cantante Sting: “Stasera abbiamo due compiti – le parole di Sting appena salito sul palco – : ricordare quelli che non ci sono più, e celebrare la vita”.
E a un anno dalla strage, la Francia – colpita ripetutamente dal terrorismo, da Charlie Hebdo, all’Hypercasher fino a Nizza – si interroga sui motivi del proliferare dell’estremismo al suo interno. Sul banco d’accusa, scrive il Corriere, la “situazione delle periferie, luoghi di marginalità culturale e etnica che hanno finito per produrre prima l’antagonismo verso i principi della Repubblica laica e egualitaria e poi la ribellione, contaminata dall’estremismo religioso e terroristico”.
Bernard Henry Lévy su Trump. Secondo il filosofo francese, intervistato da La Stampa, “saranno i poveri a pagare il trionfo del populismo globale”, così negli Stati Uniti le classi più emarginate con l’elezione di Donald Trump alla presidenza. Per Henry Lévy il voto americano è stato “un voto contro la Repubblica. Contro l’uguaglianza e il rispetto delle minoranze” e spiega di essere molto preoccupato per la nuova guida della Casa Bianca, anche sulla gestione della politica internazionale. A riguardo, il filosofo e scrittore è scettico anche rispetto ai rapporti tra Trump e Israele, con il primo deciso a chiedere allo Stato ebraico “il rimborso di una parte degli aiuti concessi dalle precedenti amministrazioni. – sostiene Henry Lévy – In più, ricordate la volgarità delle sue allusioni alle grandi organizzazioni sioniste americane durante la campagna elettorale. Roba tipo: so che non mi voterete perché non voglio il vostro sporco denaro…”. Un tema toccato, sempre su La Stampa, anche dal sociologo Amitai Etzioni, secondo cui Trump, nel corso della sua campagna elettorale, “ha avuto atteggiamenti antisemiti, contro i musulmani, le donne, i gay, ha sfruttato i propri dipendenti e imbrogliato i partner. La cosa straordinaria non è che ci sia stata la svolta populista, ma che abbia scelto lui come messaggero. Questo però è un avvertimento proprio per l’Europa, che non è riuscita o non ha voluto vederlo. Quando vai così a destra, non puoi prevedere cosa ti aspetta”.
New York, la protesta contro il nuovo presidente. Migliaia di persone hanno sfilato pacificamente a New York per protestare contro l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. “Not my president” lo slogan scandito dai manifestanti, tra cui, racconta la stampa, anche alcune voci ebraiche (La Stampa).
Gli eroi di Mattarella. Tra i 40 eroi civili appena insigniti dal presidente Mattarella dell’onorificenza al merito della Repubblica italiana, c’è anche Emma Alatri: “nata a Roma 90 anni fa, per più di 30 ha insegnato in una scuola elementare ebraica della Capitale infondendo nei suoi alunni l’amore per la libertà” (Repubblica).
D’Alema contro Trump. “Non sottovaluto i rischi della politica estera di Trump. Come può pensare di dar via libera a Israele di annettere Gerusalemme? Si accentuerebbero i conflitti con il mondo islamico e non ne abbiamo proprio bisogno”, così Massimo D’Alema in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, in cui attacca il futuro presidente Usa per aver annunciato di voler spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, ovvero nella Capitale d’Israele.
Roma, Gusto Kosher. Oggi torna l’appuntamento romano in cui si intrecciano la cultura ebraica e la cucina: tanti gli eventi organizzati attorno alla zona dell’antico ghetto della Capitale, come racconta il Corriere Roma. Tra questi, “due tavole rotonde che riuniscono esperti enogastronomici e rappresentanti istituzionali come il rabbino capo Riccardo Di Segni, Ruth Dureghello presidente della Comunità ebraica di Roma e l’ambasciatore d’Israele in Italia Ofer Sachs”.
Daniel Reichel