Herzl a Basilea
La settimana scorsa ero a Basilea per una conferenza del Congresso ebraico mondiale. Insieme a me, dall’Italia, Margherita Sacerdoti, Daniel Citone e Rafi Korn. Ogni volta che mi trovo in quella città provo un’emozione profonda al pensiero che da lì, poco più di un secolo fa, prese le mosse il grande progetto sionista, che cinquanta anni dopo – attraverso la tragedia della Shoah – avrebbe condotto alla nascita dello Stato d’Israele.
Tutti conosciamo la frase scritta da Theodor Herzl nel suo diario (“Oggi ho fondato lo Stato ebraico. Se dicessi questo susciterei adesso una risata generale. Ma forse tra cinque anni, e certamente tra cinquanta, saranno tutti d’accordo”), ma la storia del giornalista austriaco è ricca di dettagli incredibili e drammatici assai meno noti: morto a soli 44 anni per lo stress di un impegno infaticabile, Herzl ebbe tre figli tutti segnati da una fine tragica: Pauline morì per un’overdose di morfina; il fratello Hans si recò al suo funerale per poi suicidarsi due giorni dopo con un colpo di pistola; quanto a Trude, la terza sorella, anch’essa vittima di gravi problemi psichici, fu deportata dai nazisti e morì in campo di concentramento.
Questo il tributo gigantesco che un solo uomo – peraltro benestante e di successo – pagò al suo popolo per assicurarne il futuro.
Ma ci sono altri elementi che colpiscono e aiutano a comprendere la genialità del sognatore che si trasforma in realizzatore: nel corso del congresso nel 1897 – svoltosi a Basilea e non a Zurigo per evitare che la polizia zarista identificasse i delegati orientali, tutti in incognito – pare che Herzl pretendesse la massima eleganza dei partecipanti, fino ad allontanare dalla sala chi non vestiva in modo impeccabile. Per rendere credibile la temeraria assurdità del progetto sionista occorreva che i delegati sembrassero veri parlamentari, decorosi, austeri e scintillanti.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas Twitter: @tobiazevi
(22 novembre 2016)