…fuoco

È fin troppo facile citare la poesia di Mordechai Gebirtig “Undzer shtetl brennt”, la nostra città brucia (1936). In Israele la eseguono in varie versioni, associando il ricordo dei pogrom con la Shoah. Ma il fuoco ha valore evocativo forte, e non è un mezzo neutro se si intende minacciare gli ebrei. Dai roghi del Talmud a quelli dei bruciati dall’Inquisizione, per passare alle sinagoghe incenerite in Moldavia o in Germania nella Kristallnacht o a Padova nel 1943, fino a giungere ai forni dei campi di sterminio, il fuoco ha un solo significato: provare a cancellare una civiltà. La storia insegna che, per quanto doloroso e difficile da combattere, il fuoco non serve, non è uno strumento utile politicamente e alla lunga sortisce l’effetto contrario. Se qualcuno, come sembra, ha voluto approfittare del vento caldo e della siccità per usare questa nuova arma come strumento di terrore, sappia che la strada non è quella giusta.

“Undzer shtetl brennt”: https://www.youtube.com/watch?v=TN6_ku00Kzk

Gadi Luzzatto Voghera

(25 novembre 2016)