Oltremare – Emergenza
Durante un inverno italiano di decenni fa, mi ricordo di aver letto un articolo forse di Michele Serra, in cui il giornalista lanciava strali retoricamente perfetti contro l’uso della retoricissima iperbole nel giornalismo italiano, nello specifico caso per descrivere l’arrivo dell’inverno. Si strappava metaforicamente parlando i capelli e spuntava matite contro la carta che all’epoca forse aveva persino usato, per ricordare ai colleghi che è perfettamente normale che d’inverno faccia freddo, anche molto freddo. Che in Italia cade quasi sempre la neve in inverno e che è normale che quando nevica si sia sotto zero, altrimenti, Monsieur La Palisse con permesso, pioverebbe. Invece tutti sempre a gridare all’inverno del secolo, alla glaciazione incombente e al disastro inatteso per contadini, trasportatori e su su fino al consumatore che ohimè non trova le albicocche a gennaio e come farà. Estrapolo, s’intende. Ma il concetto era: moderazione, colleghi. A gridare sempre al lupo, si finisce per farsi mangiare.
A decenni e un mare di distanza, quella tendenza tutta italiana all’iperbole giornalistica un po’ mi manca. Vivo in un paese in perpetua emergenza, nel quale a ogni notizia di attentato, guerra, maremoto, incendio, allagamento o strage di polli la tipica reazione è: ohhh, ne abbiam passate altre di disgrazie! Il problema qui non sono le grida “al lupo al lupo”, ma il fatto che nessuno crede più che esista alcun lupo degno di questo nome. Il machismo zabar – che si applica ampiamente anche al genere femminile – è nutrito oggettivamente di un certo numero di secoli di tragedie di varia ampiezza e profondità. Si è stabilizzato lungo settant’anni di guerre e crisi economiche e siccità, fino a mutare la natura dell’emergenza in qualcosa di sempre postumo. In Israele non si programma, che abbiamo troppo da fare a sopravvivere. Quindi pace se gli alberi del Carmelo non crescono per natura con corridoi di sicurezza arresta-fuoco. E se a sei anni dall’incendio più devastante dell’ultimo secolo il fuoco può di nuovo divampare senza ostruzioni, o intervalli nella vegetazione pensati per salvare il salvabile. Noi siamo occupati a sopravvivere, e se per farlo tocca passare la vita a ricostruire, ohhh, ne abbiam passate altre di disgrazie!
Daniela Fubini, Tel Aviv Twitter @d_fubini
(28 novembre 2016)