…Dylan

Ma chi gliel’ha fatto fare a Bob Dylan di vincere il Nobel? Certamente lui sarebbe stato meglio senza. Del resto, un Nobel non si rifiuta, e poi chissà che cosa gli avrebbero detto se lo avesse fatto. Arrogante! Cafone! Ma chi crede di essere? Le critiche che a Dylan stanno piovendo da ogni parte mostrano solo quanta ignoranza culturale ci sia sulla sua personalità e sul suo pensiero. Nell’assegnargli il premio, infatti, la Svenska Akademien avrebbe dovuto essere consapevole di chi stava premiando e non avrebbe dovuto aspettarsi che Dylan reagisse come un normale scrittorucolo alla ricerca di onorificenze e di fregi. È vero infatti che Dylan, da una vita, cura le proprie canzoni e i propri testi non meno della propria personalità. La sua vita è un bildungsroman, un’operazione esistenziale in continua evoluzione, un’infinita costruzione. L’ultima tournée in cui è impegnato dal 1988 è un never ending tour che non ha alcuna intenzione di finire. È l’impegno di una vita, e, in quanto tale, è ben comprensibile che sia per lui ben più importante di un premio Nobel da ritirare, e chi non lo capisce non conosce Dylan, e non sa che non lo si può trattare come un normale, banale cantautore che lavora per la fama e per i soldi. Dylan è qualcosa di più. Dylan cerca qualcosa di diverso. Si potrà dire che i soldi del Nobel non li rifiuterà, ma chi al mondo non si piega ai compromessi? Chi può vantare coerenza assoluta in ogni sua azione e in ogni suo pensiero? Diamo a Dylan quel che è di Dylan, e lasciamolo in pace. Concediamogli il diritto di essere quel che gli va di essere, come del resto ciascuno di noi rivendica per sé. Credo che lui non chieda di più. Tutto ciò che di lui si pensa e si congettura glielo abbiamo addossato noi che ascoltiamo le sue canzoni. Spesso senza capirle. E la colpa è solo nostra.

Dario Calimani, Università di Venezia

(29 novembre 2016)