La dignità dell’uomo
Può una sola persona, con la sola forza della sua autorità morale, riscattare, almeno in parte, il buon nome di un’istituzione che si sia ricoperta di vergogna e disonore? È questa la domanda che mi è venuto spontaneo di porgermi quando, gli scorsi 24 e 25 novembre, ho avuto l’onore di partecipare a un convegno internazionale di grande interesse e prestigio, quale il simposio sul tema “Le scienze della vita al vaglio della bioetica e della medicina legale”, svoltosi presso il Dipartimento di medicina molecolare e biotecnologie mediche dell’Università “Federico II” di Napoli.
L’incontro, promosso dal Comitato Etico della “Federico II” e dal CIRB (Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica, l’organismo che unisce, in un comune dibattito sui temi bioetici, gli otto Atenei della Campania), entrambi diretti, attualmente, da Claudio Buccelli (punto di riferimento tra i più eminenti, a livello internazionale, in tale ambito di ricerca), è stato inaugurato dalla lectio magistralis di uno tra i massimi scienziati viventi, l’israeliano Amnon Carmi, che ha intrattenuto il numeroso pubblico presente (composto da accademici di varia formazione, studenti, politici, giornalisti, semplici cittadini) sul tema “Dignità umana e diritti umani”. In tale prolusione, di non comune spessore morale, Carmi ha spiegato ai presenti cosa si possa e debba intendere, esattamente, per “dignità umana” e per “diritti umani”, e lo ha fatto richiamando il testo della Costituzione dell’Unesco (l’organismo per cui, da decenni, insegna e lavora), approvata il 16 novembre 1946, e quello della successiva Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i Diritti, adottata dalla Conferenza Generale dell’Unesco il 19 ottobre del 2005. La Costituzione del ’46, ha ricordato Carmi, ha dichiarato espressamente che “l’ampia diffusione della cultura, e l’educazione dell’umanità alla giustizia, alla libertà e alla pace sono indispensabili per la dignità dell’uomo e costituiscono un dovere sacro a cui tutte le nazioni devono ottemperare in uno spirito di mutua assistenza e sollecitudine”, mentre la Dichiarazione del 2005, all’art. 3, così recita: “La dignità umana, i diritti umani e le libertà fondamentali devono essere pienamente rispettati”, e “gli interessi e il benessere dell’individuo devono avere la precedenza rispetto all’esclusivo interesse della scienza o della società”. Ma la definizione di “dignità”, nota Carmi, non appare chiaramente esplicitata, cosicché essa può essere delineata esclusivamente alla luce dell’evoluzione storica e culturale dell’umanità, partendo dalla concezione religiosa (secondo cui l’uomo sarebbe fatto a immagine e somiglianza di Dio), passando dall’assunto di Emanuele Kant (secondo cui la persona va trattata sempre come fine, e mai come mezzo), fino (dopo il baratro morale della seconda guerra mondiale), alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo del 1948 (che, all’art. 1, stabilisce che “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in libertà e diritti”), alla Convenzione di Oviedo emanata nel 1997 dal Consiglio d’Europa (che impone di rispettare l’essere umano sia come individuo, sia come membro della specie umana, e di garantirne sempre la personale dignità). Ed è particolarmente significativo notare come il diritto moderno abbia voluto sancire l’assoluta indisponibilità del concetto di dignità umana, che rimane intangibile financo quando l’individuo venga privato della libertà personale e addirittura (laddove sia ancora ammessa la pena di morte) dello stesso diritto alla vita: “Anche il criminale più vile – ha sentenziato la Corte Suprema degli Stati Uniti – resta un essere umano, in possesso di dignità umana”.
C’è una solida base di partenza storica e giuridica, quindi, per dare un contenuto concreto, al giorno d’oggi, al concetto di ‘dignità dell’uomo’: per la cui specifica realizzazione, nei casi specifici, è sempre necessario un attento vaglio della situazione e delle circostanze che ad essa fanno da contorno. Parole, come si vede, che costituiscono innanzitutto un grande richiamo morale, per tutti gli individui e i legislatori, pronunciate da una delle massime autorità della scienza contemporanea: un uomo che, miracolosamente scampato alla Shoah (che gli sterminò la famiglia), ha deciso di dedicare la propria vita alla difesa dei diritti e della dignità di tutti gli esseri umani. E parole, come abbiamo visto, che citano i valori costitutivi dell’Unesco, l’organismo che lo stesso Carmi rappresenta, e che però, come ben sappiamo, pare avere scelto, negli ultimi tempi, una strada, quale il negazionismo culturale, che non mi pare perfettamente coincidente con tali valori. Da cui la domanda con cui ho aperto questa piccola nota. Alla quale, francamente, non so dare risposta.
Francesco Lucrezi, storico