semplicità…
Fin dalla nascita Ya’aqòv viene definito “ish tam”, “uomo semplice”, e Rashì spiega che chi non è capace di imbrogliare è chiamato “semplice”. Ora, se da un lato questa “semplicità” potrebbe sembrare un lato positivo, legato all’onestà personale, dall’altro può sconfinare in un aspetto negativo. Difatti, osservano i Maestri, ognuno deve essere in grado di dominare e gestire le proprie qualità, per sfruttarle nel luogo e nel modo giusto. A volte è necessario anche utilizzare qualche qualità negativa per un fine più elevato, come dicono i Maestri nel Midràsh Qohéleth Rabbà: “Chi si fa misericordioso con il crudele, diventerà crudele col misericordioso”. Quindi anche la qualità della misericordia deve essere gestita ed applicata in modo opportuno.
Per questo motivo Ya’aqòv non è definito semplicemente “tam”, che – più che semplice – sarebbe “sempliciotto”, bensì “ish tam”, cioè padrone della qualità della semplicità: il sapere quando usare la qualità del rifuggire dall’inganno e quando dominarla, comprimerla e misurarsi con le sfide della vita lo ha guidato ad essere il capostipite del nostro popolo.
Elia Richetti, rabbino
(1 dicembre 2016)