Giacobbe…

“E mandò Giacobbe degli angeli davanti a sé”: per placare la sua (di Esav) ira, come è detto: “lodiamo [anche] il nemico malvagio per via della pace”. E per quale motivo Giacobbe ebbe grande timore? Disse Rav Shmuel bar Nachman: “vieni e guarda i Giusti, quanto sono timorosi del peccato, poiché anche dopo tutte le promesse fatte da D-o a Giacobbe, ancora egli temeva di sbagliare verso Esaù. disse Rabbi Yochannan: “chiunque debba affrontare un re o un governo e non conosce chi ha difronte, si legga questo brano e imparerà la pacificazione e la benevolenza.
“con Lavan ho abitato da straniero”: “Garti”, anagrammato “Tariag” che significa 613. Mi sono mantenuto distaccato dalla ipocrisia di Lavan [bianco] che appare un Giusto solo all’esterno, ed ho osservato le 613 Mitzvot [precetti] della Torah.
“E ritardato fino ad ora”: l’esilio non è terminato.
“Siamo giunti da tuo fratello, da Esaù”: per quale motivo ripete “fratello” e “Esaù”? Sappiamo già che è suo fratello. Significa: tu lo devi considerare comunque sempre tuo fratello, anche quando lui si comporta ancora come Esaù [ostile].
“Se arriverà Esaù sul primo accampamento”. Giacobbe si preparò per tre cose: la Preghiera per la Pace, il Dono per Esaù, la Difesa del suo accampamento.
“D-o di mio padre Abramo e D-o di mio padre Isacco”: non era forse anche il D-o di Esaù suo fratello? Tuttavia solo colui che segue le orme dei padri può invocarne i meriti davanti a D-o. Da qui si deduce che il Giusto [Tzaddik] non si basa sui suoi meriti personali.
“Salvami ti prego dalla mano di mio fratello, dalla mano di Esaù”: per quale motivo ripete “fratello” e “Esaù”? Salvami dalla Mano, dalla forza ostile, di Esaù, che in questo momento si presenta a me come “un fratello” solo in apparenza [ipocritamente].
“ed egli pernottò li quella notte”: la Notte, l’esilio di Esav-Edom-Roma, il nascondimento del volto di D-o. Nel Talmud il versetto “Chi è come te fra gli dei, Signore?” viene letto come: “chi è come te tra i silenti, Signore?”. La Parola di D-o viene data nel deserto, nel luogo del silenzio, nella Notte. Spetta a Israele ascoltarla: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro D-o, il Signore è uno!”.
“e indugiò con benevolenza Giacobbe e rimase solo”: Giacobbe, il popolo ebraico, è misericordioso, modesto e operatore di atti di amore. E nella sua giustizia Giacobbe [il popolo ebraico] è sempre solo, come è detto: “un popolo che risiederà da solo [a parte, isolato]”.
“e lottò un uomo con lui”: una lotta spirituale con l’angelo di Esaù. D-o mandò l’angolo di Esaù per mettere alla prova [mettere in evidenza] l’integrità spirituale e morale di Giacobbe in esilio. Il popolo ebraico in esilio [di Esaù-Edom-Roma] deve affrontare il nascondimento del volto di D-o e l’ostilità del volto di Esaù:,”Io ho intenzione di mandare un angelo di fronte a te per proteggerti nel cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato per te” (Esodo 23, 20).
“Fino al sorgere dell’alba”: l’alba della salvezza di Giacobbe, la redenzione messianica. “Se mi benedirai”, conferma la benedizione divina per Giacobbe.
“Non più Giacobbe sarà detto il tuo nome, ma Israele”: “Israel” – colui che retto difronte a D-o.
“Perché hai combattuto [primeggiato] con D-o e con gli uomini e hai vinto”: Giacobbe in esilio è consapevole di non poter comprendere cosa passa nella mente di D-o. Sa di non poter conoscere le vie di D-o. Tuttavia vuole costringerlo a mostrargli il suo volto. D-o si nasconde ma non è mai indifferente: “veramente tu sei un D-o nascosto, D-o di Israele, salvatore” (Isaia 45, 15). Giacobbe deve anche rimanere integro moralmente verso il prossimo e vedere l’immagine divina nel volto di Esaù, suo fratello.
“Peniel”, il mio volto si è rivolto a D-o. I volti di D-o. Nell’esilio ci si deve rivolgere D-o per scorgerne il volto nascosto dietro gli eventi.
“Attraversò Penuel”, vi rivolgerete a D-o per superare l’esilio. Cercate D-o dove si fa trovare.
“Zoppicava”: l’esilio lascerà un segno su Israele. Israele è tale proprio in quanto claudicante e umile. Come Mosè balbuziente.
“E corse Esaù verso di lui, lo abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò e piansero entrambi”. È chiaro che Esaù odiava Giacobbe, ma D-o fece prevalere in lui la misericordia sincera.
“Io ho tanto [più del necessario], fratello mio, sarà per te ciò che ti spetta [di diritto]”: Esaù accetta la sua parte di benedizione divina e conferma la benedizione divina che spetta a Giacobbe da parte del padre Isacco dopo la vendita della primogenitura.
“Prendi, ti prego, la mia benedizione [il mio omaggio] che ti è stata portata, perché mi ha reso grazia D-o ed io ho tutto [ciò che mi serve]”: il vero Tzaddik (giusto) è colui che è felice della sua parte, di ciò che ha. Questa è la vera benedizione da parte di D-o.
“E [Giacobbe] insistette e [Esaù] accettò”: riconobbe valida la benedizione del fratello Giacobbe.
“Esaù per la sua strada, verso Seir”: si allontanò dalla retta via.
“E Giacobbe viaggiò verso Succot, costruì per se una casa e per il suo bestiame fece delle Succot [capanne], per questo chiamò il nome del posto Succot”: le Succot sono una abitazione provvisoria, come quelle nelle quali D-o farà risiedere i figli di Israele nel deserto. La Succà simboleggia la protezione spirituale di D-o.

Paolo Sciunnach, rabbino

(5 dicembre 2016)