Ticketless – Illacrimata sepoltura
Tutte le vote che mi capita di uscire da Torino dal cavalcavia che divide Moncalieri da Nichelino, sul punto dove il torrente Sangone della celebre parodia di Gipo Farassino (“Song on blues”) confluisce nel Po, il pensiero corre ad Emanuele Artom e ai miei esordi di insegnante nelle scuole di periferia. Due settimane fa il torrente è uscito dagli argini creando danni enormi ai piedi del nobile castello di Moncalieri e il pensiero di nuovo è tornato a Emanuele, il cui corpo proprio sulle rive del Sangone fu abbandonato dai suoi aguzzini e mai più ritrovato.
Per decenni quella di Emanuele è stata una “illacrimata sepoltura”. Via Artom, lì a due passi, era una delle strade più malfamate nei Settanta, sventurato chi aveva una nomina di docente da quelle parti, ma guai a trovare qualcuno nella zona che sapesse dirti chi era Emanuele Artom. Nessuno che si ricordasse di lui. Dopo lunghi anni di silenzio qualcosa sta cambiando, per fortuna. Sono stati pubblicati i Diari da una grande casa editrice, non è mancato nemmeno chi, Alessandro Musto, ha provato ad attualizzare il ricordo ambientando propri qui un romanzo.
Mercoledì, nell’angolo della Biblioteca civica locale è stato inaugurato un murale. C’è da sperare che il passante non distratto, nei prossimi anni, transitando di qui, comprenda la grandezza di chi ha composto quella frase profonda ora riprodotta in grandi caratteri a vantaggio di chi saprà farne buon uso: “Il fascismo non è una tegola cadutaci per caso sulla testa; è un effetto della apoliticità e quindi della immoralità del popolo italiano. Se non ci facciamo una coscienza politica, non sapremo governarci, e un popolo che non sa governarsi cade necessariamente sotto il dominio straniero o sotto la dittatura di uno dei suoi”.
Alberto Cavaglion
(7 dicembre 2016)