…italiani

Il voto del 4 dicembre lascia l’Italia in uno stato di paralisi totale, senza un governo, senza un metodo elettorale in grado di farne eleggere un altro, senza un partito dominante capace di guidare il paese nelle sue scelte, spaccato ideologicamente, con una situazione economica gravemente deteriorata, e preda delle facilonerie populiste di esponenti politici che nella loro vita hanno condotto, se lo hanno fatto, la propria autovettura e nulla più. In questo quadro sconcertante è interessante notare come il voto degli Italiani all’estero sia stato diametralmente differente (65% Si – 35% No) da quello degli Italiani in patria (60% No – 40% Si). Ci si può chiedere che cosa abbiano visto gli Italiani all’estero che i cittadini in Italia non hanno visto. Forse la risposta è questa: che chi sta in mezzo a una cosa non si rende bene conto di quali altre alternative ci possano essere, ma chi vede quella cosa dall’esterno è in grado di confrontarla con altre realtà e può meglio giudicare i pregi e i difetti di quella tale cosa. E la cosa in questione, l’incomparabilmente bella, inimitabile e amata Italia, vista dall’esterno, è divenuta nel corso degli anni ed è oggi un paese enormemente arretrato rispetto ad altri dello stesso continente o classificati (come l’Italia) fra i paesi maggiormente sviluppati. Per superare questi ritardi che aumentano col passare del tempo, sono necessarie profonde riforme, e queste riforme bisogna pur cominciare a farle da qualche parte, anche se le soluzioni sarebbero molte e diverse, e quelle proposte da Matteo Renzi non erano forse le migliori, o le più utili e incisive.
Il voto degli Italiani in Israele si colloca in questo contesto. La circoscrizione di Tel Aviv, che include tutto il paese meno la zona di Gerusalemme, ha dato al Sí l’81%, e la circoscrizione di Gerusalemme, che include anche la Cisgiordania, ha votato 71% Sí. Se sommiamo i due dati, il 79% dei 2.704 votanti in Israele hanno scelto il Sí. Questo è il secondo dato più alto al mondo dopo il Brasile (84%), e prima di sette paesi latinoamericani (Uruguay, Perù, Ecuador, Cile, Colombia, Guatemala e Honduras) in cui il Sí ottiene il 75%-77%, due paesi africani (Eritrea e Uganda) al 73%-74%, e l’Iran con il 71% – questi tre ultimi stati peraltro con meno di 200 elettori ciascuno. Gli Italiani in Israele hanno dunque fatto una scelta ostentatamente chiara, e non sarebbe assurdo ipotizzare che anche gli elettori ebrei in Italia abbiano espresso una scelta simile, anche se probabilmente non altrettanto netta. E questo può significare tre cose. La prima è che da Israele, anche in virtù della propria esperienza, si ha una percezione specialmente acuta dei malesseri dell’Italia che per certi versi non sono troppo dissimili dai nostri di qui. La seconda è che la possibile successione politica di Renzi suscita qui timori particolarmente forti alla luce dei discorsi uditi, dei programmi sbandierati, e dei leader incontrati o visti sullo schermo. E la terza è che gli ebrei italiani, come già tante volte in passato, sono irrimediabilmente fuori dal passo della vita politica vera, si cullano in certe loro bellissime illusioni e ingenue speranze, e ancora una volta non capiscono che loro vanno da una parte, mentre l’Italia va da un’altra parte.

Sergio Della Pergola, Università ebraica di Gerusalemme

(8 dicembre 2016)